Colmar, città definita la ‘piccola Venezia’ e vacci a capire perché, visto che ci sono soltanto un paio di canali. Probabilmente è per via di uno scorcio nel centro che ricorda la vera Venezia. Roba fatta ad arte per i turisti, anziché per una storica conformazione urbana. In questa città si trova Le Grillen, un locale nuovo, ben tenuto e con un’acustica affatto malvagia. Vi fanno tappa i Mayhem, nell’ambito del tour, che dura già da un pezzo su ambedue le sponde dell’Atlantico, che ha portato la band a suonare dal vivo l’intero e celebre album “De Mysteriis Dom Sathanas” pubblicato nel 1994. Tappa a Colmar inAlsazia, regione strategica, confinante con la vicina Germania e la Svizzera. La band ritornerà nel paese d’oltralpe il 15 ottobre, a Marsiglia e di ritorno dalla penisola iberica, proprio due giorni prima della data romana. Aprono per la black metal band norvegese i cechi Inferno e i britannici Dragged Into Sunlight.

INFERNO

Di loro si conosce solo nome e provenienza, ma in redazione se ne sa di più. Due album recensiti QUI e QUI. Eppure non i soli per la band della Repubblica Ceca, attiva già dalla metà degli anni ’90. Black metal esoterico, pagano, occulto. Si avverte quell’aria da adepti dell’Inferno nel loro sound. Pur tuttavia c’è anche una patina di acido, di psichedelia in certe situazioni.
Luci basse, tanto fumo che insieme a quello dei Dragged Into Sunlight, con loro ancora più copioso, ha torturato i miei occhi e non solo i miei, presumo. I cinque musicisti sono collocati sul proscenio, perché il resto del palco incombe l’attrezzatura dei Mayhem. Un po’ castigati certo, ma solo nello spazio. Lo spettacolo è un turpe rituale. Adramelech è alla voce, vestito con una tunica monastica, i lunghi capelli e movimenti compassati, spesso tesi a implorare una chissà quale divinità. Insieme agli altri riversano pezzi dagli ultimi due album e non solo. Per quanto la platea, ancora affatto al completo si sia dimostrata tiepida, si è ben percepito l’assoluta partecipazione sensoriale di chi mi è attorno. Infatti dopo questi trenta minuti non sono stato il solo a fare proprio il vinile di “Gnosis Kardias (Of Transcension and Involution)”. Il disco è disponibile in un formato che è una sorta di libro, un grimorio della perdizione. Ascoltatelo.

DRAGGED INTO SUNLIGHT

Primo approccio assoluto. Di loro conosco soltanto la provenienza, ma gli inglesi hanno lasciato il segno, nel bene e nel male. Nel bene perché il quintetto britannico ha palesato un sound fatto da grindcore, noise, doom, post black metal e blackened. Una poltiglia nella quale almeno dal vivo ha visto eccentuate le frequenze basse, creando una coltre di groove spaventosa e alienante. La band ha posto ai limiti del palco un enorme candelabro col teschio di un caprone in bella vista, più due altre capocce cornute corredate da candele in cima ai due muri di amplificatori posti ai lati della scena. Insieme a le stroboscopiche poste nei pressi della batteria che esplodevano a seconda dei momenti e degli umori della musica, la band non ha usato ulteriore illuminazione.
Eccetto il batterista, gli altri tre elementi, le due chitarre, il basso e il cantante, si sono esibiti di spalle alla platea. Solo il bassista nei suoi interventi vocali in growl, si è voltato verso il pubblico dove poi si trovava il suo microfono. Il sound dei DIS è oscuro, infognato di odio e disperazione, i sampler vocali e alcuni rumori inseriti ad arte tra e nei brani, hanno messo gli astanti di fronte a una sorta di deprivazione sensoriale martellante. Questo è il ‘male’ di cui sopra! L’ultimo lavoro, l’EP “N.V.” del 2015, è stato realizzato dalla band con Mories di Gnaw Their Tongues. Immaginate cosa posa essere questo connubio! Anzi, ascoltatelo QUI. A fine concerto mi ritrovo di fronte ad amici accorsi per i Mayhem, guardandoci con un sorriso a metà tra l’incredulità per tanta violenza ed estremismo e averne visto finalmente la fine. È stata un’opprimente sensazione di alienazione generale. Ha investito tutti. Comunque bravi, intensi, ma è stata dura reggere quei trenta minuti. In ogni caso io “N.V.” l’ho comprato. Un sadico capriccio!

MAYHEM

In poco meno di due mesi sono il terzo in redazione ad avere assistito a un concerto dei Mayhem. Prima di me vi hanno solo accennato dell’esibizione della band a Bergen (QUI). Molto di più vi hanno raccontato invece le foto di quella sera QUI.
Con me nessuna macchina fotografica, niente avventure speciali da raccontare e neppure personaggi della scena metal incrociati. Il mio è solo l’avverarsi di un modesto sogno, vedere appunto i norvegesi dal vivo. La passione per i Mayhem inizia negli anni ’90 e il periodo discografico tra 1987 e il 1994 è qualcosa di esaltante. Necrobutcher, Hellhammer. Attila Cshiar, Maniac, Manheim e l’innominabile, Il Conte, sono i ‘sopravvissuti’ e i primi tre sono di fatto nella band. Dead e Euronymous sono altrove, tra le stelle…
Quando è stato pubblicato “De Mysteriis Dom Sathanas Alive”, cioè la versione dal vivo di “De Mysteriis Dom Sathanas”, l’album ha ricevuto la mia ammirazione, pur apprendendo che in giro alcuni ne criticavano l’uscita, perché in fondo i Mayhem di live ne han fatti pure troppi. Un’altra critica è stata che quei pezzi dal vivo e trasposti poi in CD o vinile che fosse, perdono… L’impressione personale invece è che questi pezzi siano eterni e chiunque vesta i panni dei Mayhem, potrà suonarli senza scalfirne il loro fascino. Anzi, il loro mistero che è quello del demonio.
Essere al cospetto di Attila Csihar e degli altri è doveroso, è certamente un piacere e forse non una scoperta. Tra il succitato live, i filmati che girano in rete, il materiale disponibile in redazione, sapevo cosa avrei affrontato. Tuttavia è interessante verificare come ogni brano dell’album venga sistematicamente preceduto da una diversa e breve introduzione fatta di suoni e oscurità. Avverto anche la percezione che la band esegua quasi con meccanica concentrazione ogni segmento dell’album. Hellhammer ha gestito le pelli con un tocco ormai riconoscibile e scafato. La voce di Attila è stata perfetta, anche meglio delle chitarre, vestite di una distorsione affilata come un rasoio e francamente troppo assordante. Come l’infrangersi di milioni di cristalli. Le Grillen è un locale, un posto al chiuso e magari quei suoni in questo caso non hanno fatto presa sulle mura. Resta da dire che non è il primo concerto che assisto nella venue di Colmar, dove la resa sonora non è mai stata deludente. Attila bravo, ispirato, vocalmente molto più preparato oggi che nell’edizione originale dell’album al quale partecipo’ nel 1994.
L’accoppiata iniziale “Funeral Fog”-”Freezing Moon” – si c’è anche il «When it’s cold and when it’s dark, the Freezing Moon can obsess you!» posto ad apertura della canzone – ha sparato sulla platea – il locale è praticamente sold out – una valanga di entusiasmo. “From the Dark Past” eccellente, ma la title track è forse la canzone più attesa, con mia sorpresa, dal pubblico. Ad occhio un esercito di metallari di un’età compresa tra i 18 e i 55 anni e provenienti anche da nazioni vicine come Germania e Svizzera, ma ho inteso parlare anche in olandese.
Due cerimoniali e poi un rituale apocalittico fatto di memorie e celebrazioni, hanno coronato il pellegrinaggio dei misteri di una notte autunnale.

«It’s night again. Night you beautiful…»

(Alberto Vitale)