(Nuclear Blast Records) Storia fortunata per gli islandesi Une Misère: vincono in un Wacken metal battle, gli viene offerto il Roadburn, aprono per gli Slayer in Islanda ed infine firmano per la Nuclear Blast! Debutto carico di aspettative per questa giovane band formatasi solo nel 2016, la quale vanta pure l’artwork firmato da Niklas Sundin dei Dark Tranquility! Già conosciuti per live shows carnali e molto coinvolgenti, finalmente l’album rivela quanto questi ragazzi siano veramente in grado di offrire! I brani sono tutti violenti, sferzanti, d’assalto, rispecchiando i testi che non hanno a che fare con i soliti temi religiosi o antireligiosi come il titolo potrebbe lasciare intuire, piuttosto si concentrano su problemi sociali, equilibri tra felicità e disperazione, il percorso dell’esistenza dalla nascita fino all’inevitabile morte, passando per vari stati di sofferenza. È infatti la rabbia che emerge tuonante da questi quaranta minuti di musica, la quale è death metal, ma anche blackened death metal, groove death metal, sfiorando pure l’hardcore e varie altre sfumature -sempre aggressive- di questi generi. L’album scorre impetuoso e violento, ma non è solo un costante spargimento di sangue: emergono idee, divagazioni ed arrangiamenti che se ben sviluppate potrebbero far uscire la band dalla cerchia “delle band violente moderne” per condurla verso una posizione più particolareggiata ed esclusiva: infatti, certi momenti si incamminano verso teorie orecchiabili con evoluzioni da puro headbanging. Ci sono strizzate d’occhio a riff black metal, ma sono i contorni atmosferici che arricchiscono i brani e che salvano l’album dal calderone della violenza gratuita tipicamente più appartenente ad un death metal con impostazioni hardcore. Interessante e variegata “Sin & Guilt”, bella la pesantissima e lenta title track. Attraenti le keys apocalittiche di “Overlooked / Disregarded”. Emerge tecnica con “Burdened / Suffering”, un brano basato su un riff seducente ma con accorgimenti non certamente scontati. Clean vocals suggestive e poi furia scatenata di matrice black islandese sull’ottima “Fallen Eyes”, attraente l’impostazione ‘tribale’ e punkettara di “Beaten”, scatenata la brevissima “Failures”. Ottime “Damages” e “Spiral”, entrambe contorte ed imprevedibili, mentre la conclusiva “Voiceless” si porta su tematiche più drammatiche, con un driumming poderoso, riff taglienti ed una ritmica cavalcante. Buon debutto, convincente e sicuramente potentissimo. Francamente non ci vedo tutta questa rivelazione, questa scoperta del talento nascosto: ci sono molte altre band che meriterebbero essere dove sono gli Une Misère oggi. Ma adesso tocca a loro, è il loro momento… è la loro sfida, la loro prova. Dovranno continuare a sferzare il pubblico durante i concerti e prepararsi per un futuro secondo album, il quale rivelerà la vera potenzialità della band!

(Luca Zakk) Voto: 7/10