copmartyrl2(OutlineRekordz) Se con “Farewell to Graveand” Martyr Lucifer ha creato un songwriting come un pittore utilizza la tavolozza dei colori, questo “Shards” è significativamente stato concepito attraverso “solo” tre identità della sua sensibilità di autore musicale. Martyr Lucifer ha in sostanza inciso tre EP, i quali sono stati racchiusi in un unico lavoro, appunto “Shards”. Formalmente è un album vero e proprio, ma nella sostanza “Shards” è concettualmente e musicalmente suddiviso in tre personalità diverse. “Shard One” apre appunto il primo capitolo, il quale vede un MartyrLucifer granitico nel fondere chitarre elettriche, e quindi una modalità tra metal e rock, e una forte dose di elettronica e il tutto è concretamente coeso; per l’ascoltatore arrivano dei pezzi comunque docili e con “The Sunrise in May” Martyr Lucifer raggiunge lo zenith melodico di questo primo passo dell’opera, anche se è adorabile “Lesson in Murder” per via di una struttura compositiva più compiuta. “ShardTwo” si affaccia su quattro composizioni di stampo acustico. La voce di Martyr (che in questo lavoro prova anche soluzioni differenti rispetto al passato), la chitarra acustica e synth leggeri creano un clima intimista, introspettivo, grazioso. La seconda parte è appunto una dimensione molto differente rispetto alla precedente. Sonorità leggiadre e tra l’altro amplificate in alcune parti dalla prestazione vocale di Leit, sempre lei come nel precedente lavoro, presente comunque nelle tre parti. “Shard Three” rivede l’uso del metal, concede anche qualche taglio verso l’elettronica, molto vicina ad un carattere spaziale, come per la coda di “Oddities”. Nel complesso però questi tre pezzi sono nettamente più aggressivi rispetto a quelli della prima parte, ma c’è anche una linea melodica, anche vocalmente parlando, vagamente seventies. Probabilmente la summa di questa terza parte è “The Morning Star”: passo lento, atmosfera alla My Dying Bride, inserti di elettronica, chitarre ringhianti, intermezzo vocale della Leit che conferisce un tono vagamento psichedelico. Tanto materiale, ma non “troppa materia”. Il merito di Martyr Lucifer questa volta è di essere riuscito a proporre un prodotto fatto si di diversità, ma bilanciate e sapientemente dosate nelle componenti che lo formano. Niente eccessi, pacchianerie. Non c’è il troppo che guasta, inoltre l’autore ha gestito al meglio la sua voce, portandola qualche passo avanti nel suo uso ed interpretazione. Insomma, rispetto a “Farewell to Graveand” (comunque un ottimo album) siamo ancora più avanti. Non resta che dire degli ospiti: Simone Mularoni e Dario Ciccioni (empYrios), Antarktica (Darkend) e Adrian Erlandsson (At the Gates, Paradise Lost). Gente non comune in un album per tutti.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10