(Nuclear Blast/Audioglobe) I Grand Magus sono una garanzia assoluta per tutti gli appassionati delle sonorità classiche orientate verso il doom, e il sesto album della formazione svedese non deluderà certo le attese degli appassionati. Due le importanti novità: il cambiamento di drummer (ora c’è Ludwig Witt degli Spiritual Beggars) e il passaggio alla Nuclear Blast, e devo dire che il budget messo a disposizione dal colosso tedesco si sente in ogni nota – con questa produzione i nove brani di “The Hunt” escono incredibilmente esaltati in tutte le sfumature! Probabilmente non esiste nulla di più classico di “Starlight Slaughter”: heavy metal cristallino con quel doomish flavour che è da sempre la caratteristica della musica degli svedesi. “Valhalla rising” è un altro capolavoro che trasuda anni ’80 da ogni nota: cori muscolari, chitarre genuine, ritornello d’impatto… facile dire che molte band compongono cose simili, il fatto è che sulla musica dei Grand Magus spira sempre un’aura incantata. Più incalzante la titletrack, ma il vero masterpiece è “Son of the last Breath”, dove il paragone con Bathory è doveroso. Le avvolgenti note acustiche si fanno nel corso del lungo brano sempre più cariche ed evocative, acquisendo gradatamente una forza epic/doom che esplode nella seconda parte, quando intervengono tutti gli strumenti. Il pezzo sfocia nella successiva “Iron Hand”, la fast song della scaletta, e ancora una volta il giro è scontato quanto trascinante. Si chiude (troppo presto) con il pesante mid-tempo “Draksådd”, forse non la cosa migliore di “The Hunt” ma anch’esso una spanna più sopra di tante altre produzioni analoghe. Un disco che i defenders adoreranno. Disponibile anche in doppio vinile con 3 bonustracks.

(Renato de Filippis) Voto: 7,5/10