(Silver Lining Music) Cos’è l’immortalità? Non posso essere io a dare queste spiegazioni, però posso dire che gli Alcatrazz vanno molto vicino alla perfetta definizione di questo misterioso concetto! Una band il cui nome esiste dal 1983, la quale tra alti e bassi, scissioni e reunion, ha visto passare nella la sua line up nomi grandiosi della scena hard rock e metal mondiale. Qui ci ha suonato Ywngie J. Malmsteen (nel primo album)… e pure Steve Vai (nel secondo); ma da queste parti sono passati anche Clive Burr (ex Iron Maiden), Graham Bonnet (ex Rainbow ed ex Michael Schenker), Glen Sobel (Alice Cooper, Hollywood Vampires, ecc), Bobby Rock (Lita Ford) e vari altri nomi noti. Ed ora? Ovviamente nemmeno la line up attuale può essere banale, in quanto oltre agli storici Gary Shea (basso) e Jimmy Waldo (tastiere), c’è il grandioso Doogie White (guarda caso un ex Malmsteeen… al suo secondo album con gli Alcatrazz) e l’axe man Joe Stump! Un album di metal possente, il quale non può non far pensare ad altri progetti ai quali il front man ha preso parte, tra questi senza dubbio i Cornerstone. Rocambolesca “Little Viper”, graffiante grazie al fiume di metallo bollente, raffinata grazie a quei tocchi geniali, a quelle ricercatezze di alto livello arricchite dalla voce di Doogie. Tanto metal, ma anche tanto heavy rock con “Don’t Get Mad…Get Even”… un rock accentato da un ritornello costruito attorno alla voce del frontman, reso proggy dalle tastiere e glorioso dalle voci delle ospiti… quelle delle mitiche Girlschool! Provocante “Battlelines”, un brano a-là Tygers of Pan Tang, irresistibile “Strangers”, con un incedere tra il malinconico ed il leggendario e, diamine, quella chitarra per qualche istante ti fa immaginare un ipotetico ritorno dell’asso svedese di un tempo! Pezzi come “Gates of Destiny” e “Alcatrazz” ci rendono fieri di amare questo genere musicale, mentre il senso epico cresce con la seducente “Holy Roller (Love’s Temple)”. C’è una deliziosa progressione classica sulla grintosa “Power in Numbers”, teatralità quasi doomy sul’incredibile “Salute the Colours”… un altro brano dove la chitarra solista va ben oltre il prevedibile, esaltando, stuzzicando… prima dell’impetuosa e conclusiva “Bring on the Rawk”. “Take No Prisoners” è heavy classico ma con quel geniale con tocco moderno, il quale non si mette mai in primo piano, pur facendo sentire la sua potente presenza. Un album epico, trascinante, travolgente…. un’esperienza musicale monumentale, la quale cresce vorticosamente ascolto dopo ascolto!

(Luca Zakk) Voto: 9/10