copAMONAMARTH(Sony Music/Metal Blade Records) Decimo attacco dei mitici vichinghi, dei leggendari Amon Amarth! A tre anni dall’ultima battaglia, “Deceiver of the Gods”, ecco un concept album ispirato ad una storia d’amore incastrata nelle vicende di questi Jomsvikings, una setta oscura e leggendaria di Vichinghi mercenari che vendettero la loro spada sia in Europa che in Medioriente. Ovviamente, qui di amore si sente solo un richiamo tragico-romantico di alcuni testi, in quanto le undici tracce sono Amon Amarth al cento percento, con i tradizionali riff taglienti, le abituali ritmiche travolgenti e le consuete vocals poderose (e per nulla romantiche)… ma come scrisse il mio collega recensendo il precedente lavoro (qui) non musica nuova… “mi suona assolutamente già sentita”. Si, questo è un altro album degli Amon Amarth, un ennesimo cantico norreno che ricalca lo stile e l’immagine della band svedese che l’anno prossimo compie -wow- 25 anni di incessante attività! Premesso che ogni singola traccia è avvincente (come tutte quelle dell’intera discografia) e garantendo che i testi sono sempre ottimi, grintosi, quei testi su quei riff che scatenano, che iniettano forza, che fanno venir voglia di spaccare tutto, uccidere tutti (i cattivi…) … com’è questo nuovo disco? E qui nasce il solito interminabile dilemma che si riassume tra “rispetto della tradizione” contro “ricerca dell’innovazione”. È un bel casino infatti… e nemmeno sfogliando i libri di storia (del rock e metal) si trovano le soluzioni! Infatti se guardiamo le discografie di bands come AC/DC o Motörhead non troveremo mai dei cambi di stile, però nessuno si è mai lamentato (e mai si lamenterà… e cosiderando le band che ho citato, non dimentichiamoci l’EP “Under The Influence” degli Amon… ma questa è un’altra storia). Poi, se proprio dobbiamo essere pignoli, nemmeno gli Iron Maiden hanno mai cambiato stile, deviando solo leggermente da una direzione princiapale… fino all’ultimo ed acclamato album che è un richiamo totale al passato. Poi, certo, ci sono bands che non possono ripetersi, pena pubblica accusa e conseguente fine di carriera… ma ci sono nomi grossi come i Metallica che hanno scisso la loro fan-base (attraendo anche nuovo pubblico) in occasione di ogni release dal black album in poi. Quindi, che dire degli Amon Amarth? Loro sono sempre dannatamente potenti e maledettamente epici. La tradizione (culturale) è parte integrante della loro immagine e dei loro testi, quindi non vedo per quale ragione una band “di vichinghi” debba cambiare stile nell’ambito di un genere, il “viking-power-death”, che li vede protagonisti (assieme gli Unleashed) dall’alba dei tempi. Ma questa è un’opinione soggettiva, troppo personale. Musicalmente “Jomsviking” è registrato alla grande (immancabile la firma di Andy Sneap), offre la partecipazione della regina del metal tedesco, Doro Pesch, su una traccia (“A Dream That Cannot Be”) molto coinvolgente ed impattante. Dalla track list emergono senza dubbio l’irresistibile “One Against All”, la tagliente “Raise Your Horns”, l’epica “The Way Of Vikings” e la tetra e magnetica “One Thousand Burning Arrows”. Ma proviamo a tirare delle conclusioni (al decimo album, ci stanno…) e vediamo di mettere le cose in chiaro: gli Amon Amarth vantano tecnica ed esperienza per fare un po’ ciò che gli pare. Domattina potrebbero saltar fuori con un cambio di direzione stilistica qualunque… proviamo ad immaginare cosa chiederebbe il bastardissimo music business ad un nome così noto: un po’ di parti sinfoniche? E perché non delle clean vocals? E che dire di qualche strumenti etnico ed una iniezione di folk? E che dire del look? Cambiamo pure quello, nuovi abiti e tagliamo quelle barbe selvagge! Ma allora anche i testi possono parlare di un po’ quel che vi pare… celebrando il funerale questi possenti inni alla guerra, alla fede nel dio pagano, alla fiducia cieca nel compagno d’arme, all’adorazione dell’essenza della tradizione e del coraggio. Tutto è possibile. Il mercato discografico offre centinaia di band che coprono più o meno tutti le strampalate direzioni artistiche che ho assurdamente ipotizzato. Però, un momento, qui stiamo ancora parlando degli Amon Amarth! E qualsiasi cosa diversa dagli Amon Amarth potrebbe non essere più definibile “Amon Amarth”. Riflettiamoci mentre spariamo questo decimo lavoro a volumi capaci di sovrastare il fragore della battaglia!

(Luca Zakk) Voto: 8/10