(Century Media Records) Lo stile degli Asphyx è consolidato quanto strausato se si vuole ma non da meno di un certo effetto. L’album si apre con “The Sole Cure Is Death”, una canzone un po’ diversa dal solito registro Asphyx, visti i suoi suoni graffianti, la sua marcia spedita con progressioni tipiche ma venate da riff nervosi. La seguente “Molten Black Earth” è inaugurata da quel genere di riff solenne e maestoso di stampo doom, seguito da un low tempo destinato ad aumentare e con il riff che muta, diventa virulento e massiccio ma andante. Due pezzi e si comprende che sono gli Asphyx che conosciamo, nonostante un maggiore tasso di thrash metal infuso nelle composizioni di “Necroceros”. Una decina di minuti con qualcosa di nuovo e di classico, alimentati da una venatura di attualità e dell’essere oggi una band con qualche spunto nuovo. Si prenda la umorale, epica, a suo modo melodica title track che apre uno squarcio nelle abitudini degli Asphyx: uno studiato mid-tempo con chitarre possenti ma plasmate a tratti d’atmosfera. La band olandese da sempre brillante nelle sue pubblicazioni, mostra le sue cavalcate poderose, perennemente legate a sortite in certi schemi dei Bolt Thrower. Sono queste azioni fissate, decise e operative. Martin van Drunen ha una voce più arsa del solito, al contempo forse un tantino sotto nei livelli dei volumi di tutti gli attori presenti nell’album. “Botox Implosion” è la cosa più svelta e colorata, quasi thrashcore, pur condita di quelle frenate inevitabili dai lineamenti epici, come avviene anche in “Knights Templar Stand” che di fatto sono le due canzoni che mettono ritmo alla stessa tracklist. Peccato solo che l’incalzare di “Knights Templar Stand” sia privo di un assolo di chitarra, un qualcosa di colpevolmente trascurato da Paul Baayens per questo album. Anche i refrain sono insufficienti in quantità, rispetto al passato. Quei lampi di maestosa, solenne e cerimoniale melodia lenta e oscura che squarcia d’improvviso i temporali elettrici della band, sono ben ridotti. Un sound diverso per “Necroceros”, probabilmente anche per le cure di Sebastian “Seeb” Levermann, il quale oltre ai suoi lavori di missaggio e masterizzazione per molte band, è anche la mente degli Orden Ogan.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10