(autoproduzione) Impura la terra, impuri coloro che la calcano. Basara si presentano con un lavoro realizzato con chitarre che ruggiscono, sono cattive, si lanciano in assalti crust e con qualcosa di genuinamente hardcore. Anche il thrash metal si impianta nei riff, i quali hanno sempre un fraseggio breve, secco e diretto. La batteria si esibisce in continue rullate, con i pattern ritmici che in alcuni passaggi sono anche dei buoni contrappunti alle sei corde. Songwriting piuttosto regolare per i Basara, a volte ordinato come dimostrano “Tatsumaki”, “Disagio”, “Seminario del Peccato”, per citare alcuni dei quattordici pezzi distribuiti su meno di ventisette minuti. In “Terra Impura” non mancano anche le soluzioni classiche, come nel caso di “Lithopedion”, bordata crust piuttosto rabbiosa, oppure i devastanti ventitré secondi di “The Path Carved into the Skin” o il minuto circa di “Cellula Aploide” che custodisce qualcosa dei Negazione. Un modo di suonare martellante, una frenesia che serpeggia lungo i pezzi ma che non esplode mai, perché i Basara sono frenetici a scatti. Mai davvero su un piano grindcore, più spesso su un metal-hardcore fragoroso. C’è regolarità nell’alternanza tra un essere ancora acerbi e un riffing nervoso e insistente che in futuro potrebbe essere il marchio di fabbrica dei Basara.

(Alberto Vitale) Voto: 6,5/10