(Magnetic Eye Records) Sono mortalmete aridi, ma anche pieni di vitalità, sono enormemente laceranti ma compatti e pesanti. Gli svedesi Besvärjelsen sono giunti al secondo lavoro, con il loro rock/doom desertico, dove il deserto non è quello senz’acqua e senza vita, piuttosto quello rappresentato da sterminate foreste, quelle del nord Europa dentro le quali, vagando, è molto più facile incontrare spiriti e leggende che altri esseri umani… proprio come nel tipo di deserto più famoso. Forest Rock dunque, così lo chiamano, uno stoner/doom ricco di sensazioni eteree evidenziate dalla voce della front woman Lea Amling Alazam, il tutto verso divagazioni remotamente prog, a tratti punky come il loro atteggiamento poco mistico e molto urbano suggerisce. Ma è proprio la voce di Lea che pone molti accenti: il suo singing non è solo inquietante, ma richiama a tendenze culturali trasversali che vanno ben oltre i confini europei. Emerge un rock pulsante e malinconico da “The Cardinal Ride”, mentre quel senso etereo sferzato da chitarre glaciali si diffonde sulla bellissima “Acheron”. Sognante ”Clouds”, prima della micidiale “House of the Burning Light”, un brano costruito su un riff tanto lineare quanto incalzante, tanto semplice quanto penetrante, una distesa di granito sopra il quale effetti e vocalist dipingono simbologie mistiche misteriose. Più doomy “Paradise”, tanta melodia tetra con “Digerliden”, malinconia infinita con la suggestiva “Descent”. “Celestial” offre altro doom incisivo, prima della conclusiva “Divided Ends”, pezzo più melodico che non rinuncia a ipotesi psichedeliche. “Atlas”, l’atlante greco, il sostenitore della Terra nella cultura popolare: un disco compatto, roccioso, che sorregge, che sostiene, che sopporta, che supporta e che in qualche modo esplode fragoroso ad ogni singolo ascolto!

(Luca Zakk) Voto: 8/10