(Fastball Music) I teutonici Black Hawk pubblicano l’ottavo album di una carriera inaugurata nel 1981 che li ha visti però pubblicare solo nel 2005 il primo full length, dopo alcuni lavori minori realizzati in precedenza e nel ‘vecchio’ secolo. Teutonici ma di derivazione Judas Priest per alcuni aspetti e tutti ampiamente rintracciabili lungo il corso dei dieci pezzi che formano “Soulkeeper”. Black Hawk è heavy metal puro, pienamente suonato con chitarre di granito e la batteria che scorrazza segnando il tempo con agilità. Udo Bethke è il frontman che scaglia fuori una voce ben intonata, alta che ha la caratteristica di scaldarsi pian piano durante il corso delle canzoni. La voce di Bethke è perfetta per questo heavy metal, però spicca anche un certo uso dei cori edificati da quattro ospiti, ovvero Dirk Schlächter (Gamma Ray, Ross The Boss), Mark Brühning (Bad Influence), Conny Bethke (Chainreaction, Wheels Of Steel) e Hanjo Gehrke (Skytap, Wheels Of Steel). Copertina nera, quattro teschi negli angoli in diverse posizioni, nome del gruppo in caratteri gotici sopra un falco ad ali spiegate e sotto di esso il titolo, sempre in caratteri gotici. Semplice, immediata e senza fronzoli, proprio come il contenuto musicale che alberga in “Soulkeeper”. Heavy metal semplice, pulito ma efficace, puro nel suo stile e granitico nei suoni. Semplice perché i pezzi si ripetono nella loro forma strutturale, però sulla distanza nessuno di essi delude e si può tranquillamente affermare che “Soulkeeper” celebra il genere in maniera rispettosa ed efficace. I Black Hawk vanno lasciati suonare al massimo del volume, vivendo come i loro pezzi si lancino verso un climax che è un trionfo dell’heavy metal, palesato in maniera concreta e solida. Grande, roccioso e inossidabile heavy metal.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10