(Hells Headbangers) Il mio collega, in occasione della recensione del debutto discografico dei Bonehunter, ci aveva sostanzialmente lasciato con un quesito quantomai Amletico: “ma questi tizi ci sono o ci fanno?”. Beh, non è che dopo l’ascolto di questo album si possa dare una risposta univoca, certo è che bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare e riconoscere che comunque, revival nostalgico o meno, qui ci sono le premesse per un grande disco black, quel black che acutamente il mio collega aveva descritto. Si tratta di musica primordiale questa, ridotta ai minimi termini e sempre e incondizionatamente fatta per la chiave live. Ecco allora tracce dirette e finemente incise nei sacri dogmi del black vecchia scuola, nove piacevoli deviazioni dal pomposo e fin troppo celebrale black moderno. Ricordiamoci signori che da questo maleodorante calderone sonoro sono state fondate le basi per tutta la musica estrema che da quegli anni sarebbe nata, cresciuta e morta. Si, sarà una sfida capire quanto questa sia stata una operazione commerciale piuttosto che una rimpatriata commemorativa a base di Satana e alcol, ma alla fine ha davvero importanza? Per riprendere il discorso del mio collega, secondo voi se ai Bonehunter tutte queste elucubrazioni non interessano pensate che interessi a noi? Non credo proprio.

(Enrico Burzum Pauletto) Voto: 9/10