(Avantgarde Music) La Avantgarde ha decisamente una propensione per i gruppi fuori dagli schemi. Già i Botanist non sono una band facile, sotto nessun aspetto. E questo album si discosta dagli altri già strani lavori di questa entità perché forse per la prima volta siamo di fronte ad un lavoro fatto da una vera band e non da una singola mente pensante. Ecco quindi che abbiamo delle tracce con una struttura più lineare rispetto al passato, ma non meno disturbanti ed inquietanti nel risultato. Sembra che questo lavoro sarà il primo di una serie ma non darei per scontato nulla quando si parla degli americani. Comunque, per quanto concerne il disco, l’intro sognante e tranquilla introduce un lavoro in realtà duro e ruvido, che si rifà comunque alla discografia precedente pur andando leggermente oltre. La iniziale linearità delle tracce sembra svanire man mano che gli ascolti aumentano, si insinuano nuove sfumature, nuove sfaccettature della creatura Botanist… Dopo sei album, questo si discosta nettamente da tutto il resto della discografia ma spero che si tratti di una parentesi piuttosto che una svolta artistica, considerando comunque i lavori precedenti una spanna sopra, ma hey, si sta parlando dei Botanist: dare per scontato troppo sarebbe un errore madornale.

(Enrico Burzum Pauletto) Voto: 8/10