(Subsound Records / Time To Kill Records) Dei Buffalo Grillz s dirà sempre che sanno prendersi e prendere in giro, tuttavia Enrico Giannone (la bestia feroce messa al canto nei devastanti Undertakers) e gli altri smontano ogni cosa, annichiliscono chiunque e il loro grind-brutal death metal è terribilmente serio. Dialoghi e musiche estratti da film ‘trash’ italiani o cartoni animati e inseriti in apertura o fine di qualche pezzo, passano in secondo piano e gli stessi titoli subiscono questo destino se si pensa che “Martin Burger King” è lo sviluppo, in una trentina di minuti, di rullate micidiali e doppiacassa mai doma o banale, di sequenze di chitarra rabbiose, irrobustite da una sensibile dose di groove. Tutto questo insieme alla rabbiosa e mastodontica voce di Giannone. “Martin Burger King” è un’esplosione di violenza che rade al suolo ogni cosa e la sua stessa componente canzonatoria, balorda e volutamente dissacrante. “Campari Sodom” ti piazza un diretto fantastico, un’apertura un po’ Napalm Death e poi giù con il massacro batteristico e le chitarre infuocate di Cinghio che corrono spedite e non si limitano a girare sempre nello stesso senso, ma anzi costruiscono di fatto quel pezzo. Tutte le composizioni hanno un valore proprio, a partire dal minuto e sette secondi di “Fiorella Mannaia” che flirta con il crust ed è il pezzo più breve dell’album, fino ai circa tre di “Pus Springsteen”, canzone sicuramente più intensa e non solo per la netta fase melodica in apertura, ma anche per un’ossatura centrale che un po’ ricorda i Bolt Thrower. Ogni minuto è quello buono per mostrare i muscoli, la potenza, ma non da meno c’è una capacità di arrangiamento più che interessante nelle abilità dei Buffalos. Le canzoni non sono soltanto una furia devastatrice, il continuo mutare, gli sviluppi in ogni pezzo si odono con chiarezza. Cos’altro dire? Yes, they grind!

(Alberto Vitale) Voto: 8/10