(Saturnal Records) Dice bene il volantino. ‘Monocromatici’… Sì, al debutto questo gruppo mostra una dote che è di pochi, ossia mostrare le varie tonalità del nero. E non poteva essere che il nero del black metal. Non so se si possa parlare di nuova ondata black, sta di fatto però che l’interesse per la musica nera in pieno stile anni ’90 è in atto, ma il rischio di essere black quanto una cover band di neomelodico napoletano, tipo i Dimmu Borgir, è un rischio più che concreto. Ma i Burial Shrine non hanno la minima intenzione di snaturare gli stilemi del genere… Ecco allora un disco dalla primordialità preponderante, un suono acerbo e crudo eppure atavico e antico al tempo stesso. Una produzione forse fin troppo pulita per un platter che sin dalla copertina mette in chiaro le cose. Ecco quindi riff feroci e a briglie sciolte, simili per struttura agli Asphyx dei primi album (la voce pure ci somiglia vagamente), la batteria sembra quasi cacofonica ad un orecchio poco attento. Canzoni che declamano cattive intenzioni, semplici e dirette nella struttura quanto efficaci a livello di immediatezza nei ritornelli. E’ vero, non c’è nulla di nuovo… Eppure sono le cose più semplici ad essere quelle più difficili da suonare senza cadere nello stucchevole o nel ‘già sentito’. “Labyrinth of Bridges”non avrà chissà quale mercato di utenza, ma la genuinità del prodotto è lampante. Un lavoro adatto a chi vuole del black quando il black non dovrebbe più neanche esistere. Monocromatici, questo è sicuro come la morte.

(Enrico Burzum Pauletto) Voto: 8/10