copCHESTBURSTER(Svart Records) Che diavolo di musica suonano i Chestburster? Non lo so io, non lo sa la label. E credo nemmeno loro. Però, hey, è uno sballo micidiale, fuori di testa con una ampiezza stilistica illimitata ed una fantasia e una disinibizione compositiva sconvolgente. Loro si dichiarano “Raw psychedelic rock”. Sbagliando, in quanto c’è troppa melodia. L’etichetta sventola una rock’n’roll sporco e fangoso. E sbaglia, anche perché qui dentro certi sballi a base di sassofono forse non ci starebbero. Questa roba è il costante contrasto umano, è l’assurdo, è il passo avanti seguito da quello indietro, è il massimo dello schifo, il minimo dello splendore. È la malattia dalla quale non vuoi guarire, il costante desiderio di farsi del male e andare in decadenza. Una intenzionale accozzaglia di canzoni apparentemente incoerenti che, alla fine, diventano un’opera geniale, coinvolgente dal primo all’ultimo secondo di ascolto. “Faces in the Rain” apre strana. Dello sludlge, un po’ di doom, molta inquietudine. Tutto ad un tratto si salta in territori punk, che poi tornano a quel metal sludge dell’inizio. Però poi torna il punk. E arriva anche una specie di blast beat. Ed infine un giro cadenzato in perfetto stile thrash, roba da massacro spinale. Confusi? Benvenuti all’inferno, questa è solo la opener. “Experienced Virgin”, oltre ad avere un titolo pazzesco, è un hard rock tradizionale iniettato con metallo più moderno… e nessuna delle due anime riesce a prevalere. Quindi arriva la title track: punk tirato, diavolo, per un istante credevo fossero i Ramones… anzi, per due istanti; però poi vanno a quel paese, le chitarre sono un groppo di rumore e ad un certo punto torna il riffone da università dell’headbanging, si sentono rumori, feedback… fino a quando fuoriesce dal nulla un sax, il quale è una figata unica… specialmente se osserviamo il come cerchi di farsi strada in mezzo al casino pazzesco, fino a diventare casino esso stesso. Ancora con il cervello a soqquadro, si viene assaliti dalla dolcezza lasciva del blues di “Gas Station Pilgrim” la quale cerca qualche intensità con la distorsione, ma rimane un pezzo intimo, coinvolgente… ricco di sentimenti i quali vengono comunque inariditi da un sound volutamente scazzato. Ancora rock classico con voglie di punk inconfessate con “The Arm Stretches Out” dove si nota ancora una volta una chitarra non ovvia, non scontata, sicuramente eccitante. Servono le sigarette per sentire “Rojo Sangre”, serve alcol forte con “Licking Letters”, altro pezzo che tira fuori un sassofono in un modo che non sarà mai chiaro. A nessuno. Ipnotica “Tame”, mentre la conclusiva “Ice Age Inside My Head” è ancora un inno ai Ramones, ma anche al rock classico, al metal e probabilmente ad un’altra mezza dozzina di cose. Quelle che più vi pare, ovviamente. Pazzia. Follia. Questo album è un casino pazzesco. È l’essenza dell’umanità sbattuta sul digitale… per gli sfigati … e sul vinile per i pochi prescelti che avranno una via preferenziale verso la dannazione eterna. Il vinile? Certo… quel coso solitamente nero che ha un sacco di rumori di fondo. Un po’ come la vita stessa. Che si deteriora con l’uso intenso. Proprio come la vita stessa.

(Luca Zakk) Voto: 9/10