(autoprodotto) Gli italiani Cyrax sono sempre più lontani dal metal… ma anche del prog, almeno il prog ‘prevedibile’, quello che vive sempre nell’ambito del rock. Eclettici, strani, imprevedibili, pazzoidi: con questo nuovo lavoro sfondano i confini di qualsiasi genere musicale, abbracciando qualsivoglia teoria passi loro per la testa, cambiando spesso e brutalmente da un brano all’altro, senza però uscire dal contesto di un album ricco di ricami, di dettagli, di profondità tecnica ed emozionale. Ska, rap, elettronica anni ’80, assoli metal su cavalcate reggae, teorie corali che fanno impallidire i Therion ed una poderosa direzione etnica, tribale e world music, passando per il sacro ed ecclesiastico, ma camminando verso un attraente profano. Pensiate sia sostanzialmente impossibile classificare un album come questo tipo? Assolutamente corretto! Eppure quel metal da qualche parte ancora si nasconde, solo che viene convertito in ritmi africani, poi latini, si sale nelle terre baltiche e siberiane, si scende poi verso il calore del country, zigzagando con incedere gitano, senza dimenticare la vastità culturale dell’Asia o la prepotenza sensuale del tango argentino. Irresistibili quelle sonorità della steppa con “Nesnesitelná Lehkost Bytí”… un brano che riesce a far impallidire anche i Russkaja. Sognante “Bhagavad-Gita”, si viaggia verso est con “Yuéliáng”… tra lo spirituale ed il metal feroce “Tatsuta-Gawa”. Jazzy la title track, il tango esplode con “No Dormireis”, evocativa la danza tribale di “Hamáhólo’ Ogo”. Non manca un’atmosfera cinematografica con lo strumentale “Pictures Pt. Ii (Instrumental)“, mentre la potenza dance anni ’80 di “L’avare” ha un incedere contagioso. Quattordici brani. Testi in 17 lingue diverse. Strumenti etnici senza limite ed una galassia di ospiti impegnati con voci, sassofoni, trombe, flauti, percussioni e qualsivoglia altro strumento necessario per la resa maestosa del lavoro. Pronti a lasciarvi andare? Pronti ad andare oltre? Pronti a viaggiare?

(Luca Zakk) Voto: 9/10