(Play/Rec) Le dita di D’Alessio colpiscono per come si lanciano in svariate andature, alcune su percorsi blues, continuamente attraverso un rock che trasuda linee classiche o appena fusion, oppure nei meandri di una certa modernità della tecnica. “Sunrise Markets” presenta brani strumentali, contornati dal basso e la batteria dei diversi musicisti che accompagnano lo stile e idee del chitarrista. I pezzi nei trentasei minuti totali si attraversano con piacere e svelano un disegno aggraziato per la musica. L’andatura leggera e rilassante dell’opener “The Crow”, si tramuta in un sogno semi acustico della seguente “Song 6”, dove atmosfere hard rock e southern, in quei toni semi zeppeliniani, si fondono per esplodere in un colorato assalto rock-jazz fino a giungere in territori progressive. Quando il pezzo ritorna nei binari assolati del suo incipit, si ha la certezza di come D’Alessio trasporterà l’ascoltatore attraverso una serie di evoluzioni per il resto dell’album. Uno stile fluido percorre ogni composizione e non vincolato a quello del musicista, semmai all’insieme musicale e del suo organico senso delle proporzioni. Temi ed evoluzioni sono l’essere di “Sunrise Markets”, il trasportare l’ascoltatore da un territorio all’altro senza cambi bruschi, è la missione di D’Alessio. “Tutankhamon” porta con se l’esotismo del titolo, al contempo è uno dei pezzi più robusti e tonici, con una traslazione di stile e atmosfere fluide come le acque del Nilo. Sognante “Roots”, per l’uso della chitarra acustica, per il pulsare del basso che doppia la chitarra stessa e dunque per l’estro sempre scintillante e raffinato. Malinconica “Drawing Borders, unica canzone sopportata dal cantato, con un arrangiamento che vede principalmente voce, chitarra e orchestrazioni di synth. Progressive, cenni di jazz, blues, hard rock, ampliati in contesti fatti di atmosfere docili o sognanti, tempestose o splendenti, “Sunrise Markets” è tutto questo ed è anche un universo meraviglioso.

(Alberto Vitale) Voto: 8/10