copdecapitatedc(Metal Inquisition Records) Scrivere di un album, sapendo di essere condizionato dalle proprie preferenze e gusti, è eticamente corretto? Prima ancora di ascoltare “The Perishing Empire of Lies” mi sono accorto che c’erano tutte le premesse per farselo piacere. L’album mi è stato passato da un amico dei Decapitated Christ (non c’è che dire, nome fantastico), nonché collega di redazione, il quale conosce i miei guasti musicali. Leggo che “The Perishing Empire of Lies” è stato masterizzato da Dan Swanö al solito studio Unisound, quindi la resa sonora ha un sigillo di garanzia. Vi suona la batteria, in “Marching”,  un tale come Pete Sandoval, dei Morbid Angel, e canta in altre due Sua Maestà Martin Van Drunen degli Asphyx, una band che adoro. Piccoli particolari e presenze che potrebbero portare ad assistere uno spettacolo sonoro piacevole e orientato verso le mie preferenze. Death metal che presenta sezioni predisposte verso le band summenzionate, con l’aggiunta di alcune rovinose e inesorabili sortite ritmiche e del riffing molto vicine ai Bolt Thrower (altra band adorabile, anzi epocale), ci sono poi anche riff vigorosamente slayeriani. La presenza di due icone del genere poi arricchiscono alcuni dettagli. Probabilmente qualcuno non troverà nulla di epocale in questo nuovo lavoro dei catalani Decapitated Christ (nemmeno io, penso però che si sia capito dal mio personalissimo discorso iniziale), eppure la capacità di mettere in fila una sequela di riff abbinati a ritmi poderosi, continui, come un diesel d’alta potenza è praticamente inceppibile. L’epica e solenne marzialità di alcune canzoni diventa magistrale, porta la sacralità dei Morbid Angel a buoni livelli e riprende appunto certe dinamiche dilatate degli Asphyx con una visione comunque inedita. Anzi, a tal proposito segnalo che “Marching” altro non è che un pezzo solista, meno di due minuti, di Sandoval e che ben si cala nell’atmosfera dell’album. Ci sono 14 canzoni in 44′ e non sono poche considerando che è un death metal comunque derivativo, siamo in un minutaggio massimo consentito per un lavoro del genere, ma l’aspetto che mi lascia qualche dubbio è che i pezzi giocano costantemente su mid-tempo e comunque ritmi non proprio velocissimi e questo vuol dire che per l’intero album sussiste una certa imponenza, un muro sonoro impressionante ma allo stesso tempo sequenziale; ciò comporta anche una netta troncatura verso escursioni veloci, corrosive o comunque più feroci e spietate. Un buon album, ma soprattutto per chi ha un cuore che batte al ritmo delle influenze sopracitate, per gli altri invece potrebbe non essere così. Sia chiaro però che giunti al terzo album in studio, gli Spagnoli manifestano ormai una propria chiave di lettura, un proprio sound.

(Alberto Vitale) Voto: 7/10