(DiveBomb Records) Dopo una lunga serie di EP e prodotti ‘minori’ (MetalHead ha intercettato “Queen of the Galaxy“, del 2014), il progetto Dire Peril arriva al debut sulla lunga distanza: come è facile immaginare, il duo statunitense si dedica a uno sci-fi power metal solido e roboante. Il mastermind della band è il chitarrista Jason Ashcraft, già nei simili (per temi e per musica) Helion Prime. L’iniziale “Yautja (Hunter Culture)” celebra con toni fra Blind Guardian e Persuader la razza guerriera dei Predator: il brano si estende per quasi sette minuti, includendo un assolo frenetico e qualche passaggio vagamente prog. Tali spunti tornano più avanti in scaletta nell’altro brano di lunga durata, “Blood in the Ice”, ancora sui sette minuti, che alterna momenti acustici ad accelerazioni compatte. “Enemy mine” è invece uno spedito carroarmato che fa pensare agli Iced Earth più solidi, mentre “The Visitor” si rivela una ballad poco convincente, uno dei pochi nei di un disco che generalmente convince. Molto Orden Ogan “Total Recall”, dedicata naturalmente al film “Atto di Forza”; su “Roughnecks” il cantante Jon Yelland, attivo in diverse realtà dell’underground californiano, si diverte, e con buoni risultati, a cantare nello stile di ‘Ripper’ Owens. Carica e scattante “Altair IV the forbidden Planet”, prima del disco si chiuda con la lunga “Journey beyond the Stars”, dedicata a ‘2001: A Space Odyssey’, altra mezza ‘occasione sprecata’ perché da un brano di quasi dieci minuti ti aspetteresti meno staticità. E dire che vi partecipa Arjen Anthony Luccassen… Insomma, un paio di passaggi a vuoto (forse non casualmente, quando sale il minutaggio) e tanti muscoli per questo piccolo bignami di fantascienza.

(René Urkus) Voto: 7/10