copdryfoodford(Autoproduzione) Il mondo è bastardo e la nostra società non è da meno. Pesce grande mangia pesce piccolo. Mangiare ed essere mangiati, per essere poi sputati via. Manco l’onore di essere ingurgitati e digeriti e se questo accade è per essere espulsi come feccia. Il mondo è questo e bisogna ricordarselo, ma senza rassegnazione e con una rabbia continua. I Dry Food For Dogs (chissà perché questo nome) fanno esattamente questo. Tra riff incavolati, pattern scanditi, battenti, asciutti come un metronomo, e voci in growl e sporadici scream, i DFFD straparlano con lucidità di questa società incancrenita e malandata. Sound tra un metal estremo che tocca a più riprese il thrash, il death metal, groove metal, ovviamente l’hardcore, in minima parte il crust e il grindcore (in particolare negli ultimi pezzi dei diciassette totali). Fusione, poltiglia, ma in modo ordinato. La batteria è appunto pulita, con stacchi precisi: forse non ruvida e irascibile come il genere vorrebbe, ma questo torna poi utile per la sua agilità nei cambi di tempo, nelle fratture del riffing, nelle soluzioni in controtempo (“Abstract Use of Money” e altre). Cosa che aiuta la band a non essere solo una barbarica forza di protesta. Anzi i continui cambi, le soluzioni dinamiche tipo Napalm Death di questi ultimi anni sembrano il vero terreno di sfida. I muraglioni sonori, i “wall of sound”, non sono estesi, i cambi dosati con cura, le chitarre lavorano di continuo variando gli accordi e le sequenze (ascoltare “Hungry”). Il fatto di creare continuamente variazioni, di essere dinamici, come un progressive latente e spiccio che scorre nei pezzi, rende “Eat to Be Eaten” un lavoro che denota una discreta maturità nonostante i piemontesi suonino insieme da otto anni, costellati però da inevitabili assestamenti di formazione. La cura del prodotto è passata attraverso una produzione casalinga che ha visto poi il missaggio al 16th Cellar Studio di Stefano Morabito. Il risultato finale è un album che ha carattere, fatevene anche voi un’idea, QUI.

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(Alberto Vitale) Voto: 7/10