(Napalm Records) Mi piacciono le persone che, subito dopo essere cadute, si rialzano. Anche più volte, se necessario. E Englund e soci, di cadere e rialzarsi, ne sanno qualcosa. Artisticamente dati quasi per morti, si sono ripresi i meriti a loro dovuti con un binomio di album quali “Hymns For The Broken” e “The Storm Within”, due dischi pressoché perfetti, seguirti poi dall’accoppiata “The Atlantic” e “Escape Of The Phoenix”, lavori dal taglio meno omogeneo, con l’unica pecca di essere stati i successori di due album molto sopra la media. Ore, con “A Heartless Portrait (The Orphean Testament)” gli Evergrey tornano mostrando un lavoro che li rende consapevoli delle loro capacità. Probabilmente questo è il loro disco più diretto dai tempi di “Recretion Day”, con l’aggiunta di una inedita componente epic molto pronunciata, espressa soprattutto con l’uso massiccio, ma mai fuori luogo, di cori. Il resto? Classico suono Evergrey: melodia, cantato molto passionale, riff belli pesanti nonostante il genere proposto, strutture canzoni moderatamente complesse, assoli sempre dannatamente azzeccati. Un nuovo centro nella ormai vasta discografia di un gruppo mai abbastanza compreso e apprezzato, che ha il grande pregio della resilienza e della coerenza stilistica, senza mai essersi venduto alle tendenze, scegliendo piuttosto di definirle.

(Enrico MEDOACUS) Voto: 9/10