LP1042_tem_de.pdf(AFM) Gli svedesi capitanati dal buon vecchio Englund sono arrivati a quota venti. Tanti sono gli anni passati dai loro esordi come talentuosa seppur modesta entità che viveva su un Prog abbastanza semplice quanto decadente. Lo stesso nome suggerì fin dall’inizio la vena non proprio solare delle tematiche e delle sonorità proposte, divenute col tempo marchio di fabbrica distintivo. Ci son stati alti e bassi nella loro discografia, va detto. Ma anche i dischi meno riusciti si son sempre e comunque distinti dalla massa delle produzioni medie. Poi, all’improvviso una seconda giovinezza quando tutto sembrava perduto e irrecuperabile. “Hymns For The Broken” è stato un album quasi perfetto, nella totalità del suo essere. Difficile quindi per la vecchia formazione ritrovatasi in quell’occasione bissare un successo insperato. “The Storm Within” giunge oggi a noi attraverso una campagna mediatica che ha denotato sicurezza e mezzi economici messi a disposizione dalla casa discografica. Il video stesso del singolo “Distance” denota una cura molto alta del dettaglio e della fotografia. Segno che i ragazzi ci han creduto. E hanno fatto bene. Ho ascoltato l’album ben sette volte per decidere cosa scrivere, cosa che mi è capitata raramente. Ma a conti fatti ne è valsa la pena. “The Storm Within” non c’entra nulla col suo predecessore, diciamolo subito. In esso ritroviamo semplicemente un riassunto di ciò che sono stati, sono e saranno gli Evergrey: un’ottima Prog band che non ha bisogno di virtuosismi per far risaltare un feeling con la melodia, la decadenza e la magniloquenza. Il singolo è stato scelto a mio avviso come apripista semplicemente perché tutto sommato è la traccia più immediata del lavoro… e per fortuna, visto che comunque si parla di un pezzo non propriamente facile. L’intero album contiene sicuramente le canzoni più dure e serrate mai composte dal quintetto, assieme comunque ai passaggi più riflessivi e nel contempo impegnativi in cui i nostri si son cimentati. Il lavoro non è semplice né preso nella totalità né se si vanno ad analizzare le singole tracce. Ma più ascolti faranno risaltare col tempo una solidissima base ritmica, riffs davvero ben scritti, un cantante in spolvero come nei primi album e soprattutto degli Evergrey inediti, pur avendo in un unico album racchiuso tutte le loro fasi, dagli esordi più rocciosi alle ballate melodiche alle iperboli Prog. Una summa della band, un testamento che sembra far presagire un futuro roseo e una serenità artistica per quelli che ormai sono dei pilastri della musica svedese. Sempre, ma sempre… grigi.

(Enrico Burzum Pauletto) Voto: 9,5/10