copevilneverdies(Autoproduzione) Gli Evil Never Dies dichiarano di essere dei thrashers nati nel 1990 e ispirandosi a Slayer e Overkill. Quando ho letto questa nota, in quel preciso istante è iniziato il riffing mostruoso di “V-TV”, opener dell’album. Quel genere di riff pieno, corposo, possente e maestoso, ma allo stesso tempo ammalato di schizofrenica rabbia. Slayer? Forse. Overkill? Beh si, perché non anche Exodus però? In fin dei conti il prosieguo della canzone è si un avvelenamento totale di Slayer e Overkill, ma riconosco che dentro si sentono anche altri echi, ma i maestri californiani di “South of Heaven” spiccano, ma non da meno c’è il tocco di qualcosa che mette in mostra non un sound propriamente personale, ma la capacità dei singoli di essere in piena forma e alleati tra di loro per erigere un thrash-sound dalle proporzioni impressionanti. Sono tosti e forti questi END, lo si capisce senza scampo dall’impatto sconquassante dei brani, dalla robusta solidità cementificata da un drumming snello e puntuale e da un basso che dal tocco direi che non è il solito e anonimo basso thrash metal che tende costantemente a doppiare le chitarre. In questo lavoro c’è qualcosa che sembra riassumere le ultime vere e buone tendenze del thrash metal a ridosso degli anni ’90. Senti i Pantera, ma senti anche quell’aspetto più vintage del genere che rende il tutto anfetaminico e incredibilmente potente. Una forza d’urto considerevole. Ho specificato che non c’è un sound personale, nel senso che non mi sembra di avvertire un marchio di fabbrica o più semplicemente un clima generale omogeno nei brani di “Sulphur Paintings”; io ci sento qualcosa che è tremendamente thrsash metal e suonato con una sensibilità e una partecipazione al genere davvero interessanti. Per approfondire il discorso dei singoli, penso che questi danno un continuo contributo alla riuscita dei pezzi e debbo citare il cantato Domecost, il quale è un miscuglio di Tom Angelripper, Phil Anselmo, Chuck Billy. Cioè quel genere di vocione che sai bene che potrebbe fare un ottimo growl (ci va spesso al limite) o semplicemente ardere le sue corde vocali per come tira fuori quel timbro roco ma arso. Se da un certo punto di vista i primi due brani mi danno l’idea di un ripetersi nelle strutture, ecco che “Depths” con i suoi quasi 8’ apre un’autostrada di sequenze e successioni sonore che tengono l’ascoltatore incantato da tanta irruenza. Ha tratti ho sentito qualche atteggiamento Sodom in giro, ma gli END sembrano avere molta più dinamicità. L’album è chiuso da tre brani, due dei quali durano poco più di un minuto e divisi da una “Land with No Future” che sembra voler pescare da qualche idea thrsash-crossover di vecchio stampo. In definitiva debbo essere sincero su questa band che ha all’attivo due demo e tre EP: ha le qualità per dare ulteriormente di più viste le buone coesioni dei musicisti. Di loro apprezzo il fatto che si stiano comunque prendendo il proprio tempo e realizzando pubblicazioni su misura per dare la massima qualità alla propria musica.

(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10