(Purity Through Fire) Non mollano i finlandesi Goats of Doom, i quali in un decennio hanno sfornato ben sei dischi! La loro proposta rimane molto personale anche se dovrebbe essere esclusivamente black, nonostante il moniker, ma alla fine il sound che emanano è strano, etereo, violento ma anche suggestivo… molto identificativo per l’appunto, in un costante crescendo stilistico, considerando poi con i primi dischi era più orientato ad un black/synth. Tra il black ed il doom, tra l’occulto ed il violento, con “Shiva” riescono ad offrire sette brani molto diversificati tra loro, ma se guardati nell’insieme, facendo un passo in dietro, si nota che c’è un tema conduttore comune, una idea pregna di malignità che aleggia attraverso questi tre quarti d’ora dissacranti. Tale senso maligno si districa tra sfuriate black, atmosfere che racchiudono un’oscurità medioevale, riff decisamente heavy, esaltazioni di stampo corale, il tutto sempre supportato da impostazioni melodiche molto intense. Apre con incedere heavy la opener “ἀπōκάλυ”, prima di incazzarsi di brutto, giocando poi tra divagazioni epiche, melodie intense ed una ulteriore furia cieca favolosamente ignorante. Drammatica “Uljas uusi maailma”, un brano ricco di groove, forse il pezzo con più componenti strettamente black. Esaltante “Luomiskertomus”, traccia nella quale la componente corale è forse più presente e travolgente, a completamento di riff sfacciati, un drumming curato e l’immancabile gusto melodico che rende i brani meno selvaggi ed in grado di svelare prelibatezze tecniche. “Armon varjot” spazia con intelligenza tra black’n’roll e direzioni di stampo folk, suggerendo un black di matrice viking, comunque rivisto e corretto dal gusto del quintetto finnico. Prepotente ed epica la bellissima “Korjuu”, pezzo ricco di sorprese e parentesi assolutamente non prevedibili, molto old school in chiave heavy, thrash e black con “Rotat”, un brano ricco di chitarra solista, un pezzo capace di tecnica ben annegata dentro riff classici. In chiusura la title track, una canzone che coniuga un folk iniziale con il black scatenato che segue, unendo poi le due componenti verso un finale esaltante ed evocativo. Sempre imprevedibili, mai stanchi, i Goats of Doom non si arrendono e continuano per la loro strada. Certo, non si può parlare di puro black metal, il quale è tuttavia presente in dose pesante. Una band che elargisce musica un po’ fuori dagli schemi, controcorrente, non facilmente classificabile, tanto che questo è forse il vero punto di forza!

(Luca Zakk) Voto: 7,5/10