copgodflesh2(Avalanche Recordings) Il freddo, quel senso di distanza… Godflesh, ecco cosa. Nessuna emozione, nessun tentativo di comunicazione, ma solo sequenze di note che si ripetono in loop, sprigionate da chitarre cariche di elettricità. Ritmi ossessivi, impersonali, governati e diretti da una macchina. Un basso torbido e fremente. Una massa gelatinosa che vibra e sprigiona ondate di oscurità. I Godflesh sono la quintessenza della non-comunicazione. Sembra impossibile, visto che è musica e dovrebbe dunque comunicare, trasmettere, ma la sensazione avvertita già da quella meraviglia al silicio che fu “Streetcleaner”, il primo album di GC Green e Justin Broadrick, è quella di un ammasso sonoro che oscilla sotto i colpi ritmici, elettrici ed elettronici e che tende a chiudersi in se stesso, senza andare incontro all’ascoltatore. Il freddo, ovvero quel senso di impersonalità, di assenza di sentimenti, emozioni e forse di pensieri. Senza sangue, questo è la musica dei Godflesh, un atto disumano, condizionato da processi e logiche al silicio, ma anche quando sono gli uomini, sempre GC e Justin, a decidere i suoni, le loro intensità, cadenze, durate e tutto il resto, si ha la netta sensazione che ci siano dei cyborg o un sistema non biologico che processa suoni e li mette insieme, formando catene sonore non meno intricate di quelle del DNA. Nonostante poi i pezzi dei Godflesh non siano altro che il frutto dello stesso algoritmo: una squenza principale ripetuta di continuo, un bridge, una sorta di ritornello e il ripetersi di questa accoppiata, dopo la ripresa della sequenza cardine. Un calcolo matematico e scientificamente riproposto. Tutto resta come sempre nei Godflesh: si ha la percezione che ci sia un reattore nucleare in procinto di tramutare uranio in energia, pilotato da circuiti posti a tensioni che permettono poi di renderli funzionanti e poi… l’ossessione! Justin e GC ripetono se stessi, facendolo però come degli anfetaminici invasati e prodotti di scarto del punk, del metal, dell’elettronica. Rabbia, riff massicci, ritmiche ipnotizzate dall’elettronica e fredda esecuzione. Niente di nuovo in questa landa intossicata da una musica che procede a colpi di zero e uno.

(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10