(Les Acteurs de L’Ombre Productions) Sono passati tre anni e mezzo dal precedente ed ottimo “ὸ θεός ὸ βασιλεύς (o Theos, o Basileus)” (recensione qui), ed ecco ritornare questa suggestiva band francese con un nuovo disco… un altro ricercato ed intelligente concept! Se l’album del 2020 trattava della relazione tra poteri divini e terreni, “De Republica” torna dentro una dimensione umana, analizzando fatti che scandiscono l’evoluzione sociale, mettendo in discussione il peso delle persone di fronte a chi detiene il potere; praticamente con un fare molto poetico, aggressivo e pure atmosferico, il quartetto di Parigi si inoltra in argomenti molto complessi, mettendo da un lato l’inneggiare alla Repubblica, alla difesa dello stato di diritto, dell’egualitarismo e della libertà… ma dall’altro c’è la celebrazione della Rivoluzione come espressione popolare della lotta contro il dispotismo, verso il raggiungimento della libertà… passo fondamentale per tornare all’altro lato, quello in contrapposizione, a quello della repubblica… in un circolo vizioso -e decisamente umano- senza apparente fine. I testi analizzano e spaziano: si va da eventi della storia moderna, come le vicende del deputato francese Jean Jaurès ucciso nel 1914 dopo essersi schierato tra gli oppositori alla guerra (“L’homme du Tarn”), indietro fino all’epoca romana con l’assassinio di Giulio Cesare (“The Ides of March”), passando per la rivoluzione di luglio francese (“À l’insurrection”), attraverso altri fatti della storia della Francia, fino alla title track che mette in collegamento leggi del 1958 che riducevano il potere del parlamento a favore di quello del presidente, con eventi del 2022 nei quali il presidente per la prima volta senza maggioranza agì in forma anti democratica e anti sociale… facendo incazzare non poco un popolo che tradizionalmente non fa finire bene chiunque detenga il potere a sfavore del popolo. Musicalmente il black dei Griffon è intricato: è aggressivo, è atmosferico, a tratti sinfonico, è melodico (stupendo l’assolo neo classico di “The Ides of March”) ed è indubbiamente teatrale, grazie anche all’ausilio di momenti scenografici come accade nella title track o “L’Homme du Tarn”. Ancora una volta la band mette in mostra la sua intensa profondità intellettuale e l’innegabile amore per la propria patria, qui storicamente e ideologicamente celebrata fin dalla bellissima copertina, evidenziando nuovamente -con senso di immensa misantropia- quella intrinseca malvagità umana, causa di ogni male, minaccia incombente per ogni domani, per ogni possibile futuro.

(Luca Zakk) Voto: 9/10