copHorizonablaze(code666) Opere di morte. E più o meno questo il significato del titolo di questa deviazione mentale che discende dalla Norvegia con violenza, perversione, lucida follia. In line up ci sono personaggi dal passato non certamente tranquillo: André Kvebek (aka Tjalve) ovvero ex 1349. Ed anche Shandy McKay, ex Absu. Tutta gente che sa bene cosa sia la musica estrema, ed il fatto di padroneggiare l’oscura arte, permette loro di impostare ancora più lontano quel confine, quella linea di demarcazione, quel limite estremo. Gli Horizon Ablaze sono al secondo lavoro, un lavoro che costruisce confini, imposta limiti, demarca territori. Il genere potrebbe essere definito black, o forse death, se proprio è necessario trovare una definizione, ma la verità è che si tratta di un concetto immenso di musica estrema. E sconvolgente l’inizio da “club anni 30” di “Dømt Til Frihet” che poi si catapulta in qualcosa che può ricordare gli Emperor, per poi continuare con deviazioni, sconvolgimenti, assurdità pazzesche: confini del black, soglie del death; voce sclerata, impazzita, che riesce anche a raggiungere livelli che ricordano anche i Silencer. Ma sono questi improvvisi cambi tra black e musica da camera che materializzano terrore, paura, pazzia durante l’ascolto di questa traccia. Poi c’è “Skjærsild“, deliziosamente death metal, con quel riff perverso, dove tutti gli strumenti demarcano il loro territorio, costituendo un groove letale, che rapisce, violenta, uccide; l’ultimo minuto e mezzo del pezzo trasporta altrove: una melodia maledetta, sostenuta da un basso amabilmente infernale. Ma è “Svarte Flammers Aske“ a creare una leadership contorta, costruendo geniali ritratti di colore nero, con idee melodiche oscene, una potenza travolgente e quel groove dominate. La conclusiva ”Avskjed“ è poesia oscura, “Der Untergang” è violenza concepita con crudele intelligenza, “Leviatan“ è ipnotismo sviluppato da cattiveria intrinseca, “Fordømt“ è atmosfera tetra, malata, malefica. E’ proprio l’intero album a spiazzare, deviare, sconvolgere: un album impattante. “Dødsverk” è qualcosa di profondo, cinico, nichilista. E’ esperienza musicale da assaporare con attenzione, profondità, dedizione: sadismo. Il piacere mortale che ne emerge è sublime e porta la mente ed il corpo dell’ascoltatore a livelli orgiastici inconcepibili.

(Luca Zakk) Voto: 8,5/10