copicedragon1(PRC Music) Dunque: questi tre dischi degli Ice Dragon, oscura band doom di Boston, Massachusetts, escono in contemporanea per la PRC Music su cd (in precedenza erano stati pubblicati soltanto in digitale, anche se del primo c’è pure una edizione del 2012 su vinile). È una cosa che mi fa pensare, e vi spiego subito perché. I dati sono questi: il mercato scoppia, anzi è già scoppiato. A MetalHead, che non controlla certo tutto ciò che viene pubblicato, l’anno scorso sono arrivati per le recensioni più di 1500 dischi. Sono cifre da paura, dovute – temo – al fatto che ormai alcune etichette distribuiscono di tutto pur di vendere 300 copie, sperando che nel loro catalogo si nascondano i prossimi Judas Priest. Una edizione su cd, quindi (così come una ristampa), andrebbe fatta con criterio, per evitare di intasare ancora di più la situazione. Ad esempio se ci sono bonustracks, o se c’è un nuovo mastering, se è passato un bel po’ di tempo e c’è una richiesta da parte del pubblico. Ora: i tre dischi in questione sono usciti nel 2010, 2011 e 2012 (sì, gli Ice Dragon sono anche incredibilmente prolifici), quindi non sono per niente datati. E tutti e tre sono disponibili per il download in formula ‘name your price’ sul bandcamp della copicedragon2band (non c’è limite di prezzo, quindi possono essere scaricati anche gratuitamente). Non ci sono bonustracks, non c’è un remastering (soprattutto il primo e il terzo soffrono infatti di una produzione abbastanza materiale). La domanda sorge spontanea: chi mai dovrebbe comprare, in tempo di crisi, tre cd che escono contemporaneamente di una band non troppo famosa, che li distribuisce gratis, e ve li offre su supporto digitale senza il minimo cambiamento rispetto a quello che trovate su bancamp? Davvero non capisco. Detto questo, veniamo agli album, rispettivamente il secondo, il terzo e il quarto della discografia dei bostoniani. Nel primo disco, “The Burl, the Earth, the Aether”, si fanno notare “Spellpouch”, dai toni magici, vagamente psichedelici, e la conclusiva “Aquageddon”, undici minuti di stoner fumosissimo (i Jehtro Tull sono richiamati, credo, solo nel titolo); ma il grosso dell’album è decisamente monocorde, a tratti elementare, e dimostra ancora una volta che copicedragons3non bastano tre accordi ripetuti all’infinito e vocals strascicate per fare un disco doom. Migliore il secondo album, “Sorrowful Sun”, molto più breve e denso di brevi stacchi strumentali di discreta atmosfera; in particolare “Mistress Death” si colora (si fa per dire) di toni sabbathiani, e la conclusiva “Near Sun, on Earth” è una ballad psichedelica che rimonta addirittura ai Pink Floyd o ai Grateful Dead. Con il terzo disco, “Tome of the future Ancients”, si fanno avanti sonorità prettamente stoner: ne è chiarissima testimonianza la gommosa (ma anche un po’ monotona) “NATIAIWS”. Eppure “A Man sitting in a Field of green Grass II” è praticamente rumore, e “Night” sono le stesse note ripetute per sette minuti. Il disco dà la nettissima sensazione di essere stato praticamente improvvisato: non sarebbe meglio fare uscire un album ogni due anni, ragionandoci di più? Insomma, come mi è già accaduto (poche) altre volte, io sospendo il giudizio. Che questo lungo sproloquio valga semplicemente come nota informativa.

(Renato de Filippis) Voto: S.V.