(My Kingdom Music) Se vai a vedere gli In Tormentata Quiete, vedi dei musicisti fenomenali. E ti trovi davanti tre vocalist immensi… che soddisfano tutti, da quelli che amano una voce maschile clean ricca di enfasi, a quelli che ricercano una voce femminile ad ampio spettro, fino a quelli che, come me, sanno amare un growl di alto livello, un growl capace di trasmettere rabbia, violenza e tutto ciò che appartiene alle tenebre dell’umanità. Dietro ai vocalist, c’è un chitarrista introverso (pure i suoi ringraziamenti nel booklet sono i più sintetici in assoluto), un drummer creativo, un bassista capace, una clarinettista intensa… ed un tastierista strano, che non guarda all’immagine scenica, che vive in un mondo tutto suo, che percepisce le canzoni con un filtro emozionale estremamente individuale. Ma quelle bellissime parole interpretate e cantate dai tre singers… sono sue. Del tastierista. Di quella figura misteriosa relegata nel fondo. L’autore del punto di partenza di questo album. Infatti, il lavoro degli In Tormentata Quiete va considerato proprio partendo dai testi, dai concetti, dalla visione teatrale iniettata nei brani, con le varie parti delle tre voci. Guardando Antonio, il tastierista, dal vivo… tutto diventa chiaro; diventano chiare le visione, le idee, le progressioni, le parti vocali, tutti quei sublimi equilibri di voci clean tormentate dal growl superlativo di Marco. “Finestatico”, con le sue intense lyrics in italiano, è il quarto album della band ed in qualche modo è (l’attuale) picco creativo di un progetto musicale diverso, unico, personalissimo ed esplosivo per quanto riguarda fantasia e creatività. Ogni brano è poesia, sia per le parole, che per gli arrangiamenti, fino per le progressioni musicali. La voce growl è superba, ed ogni amante delle sonorità estreme non può ignorare ”Finestatico”, anche se musicalmente lo spettro sonoro coinvolto è così vasto che è quasi impossibile classificare la band, rendendo pure vana quella ‘Avantgarde Emphatic Metal’ descritta dalla definizione ufficiale. “Finestatico”, infatti, è black. È symphonic. È prog, è power ed è assolutamente metal. È teatro, è recitazione, è interpretazione. Brani come “Sole” o “Sirio” o “Zero” sono un palese esempio di musica elevata ad una universale potenza di dimensione teatrale ed emozionale. I duetti ed i terzetti vocali (questi ultimi da pelle d’oca!) sono di un’efficacia sconvolgente. E le lyrics esclusivamente in Italiano prendono una nuova dimensione, riescono a portare la nostra lingua in un territorio che solitamente la snobba, la rifiuta o la degrada. “Finestatico” è un concept album che descrive l’umanità da un punto di vista cosmico, spaziale, un viaggio intergalattico ed infinito dentro l’ambito limitato e pieno di confini della psiche umana. Un album unico, immenso, provocante, stuzzicante e maledettamente incisivo. Il tutto con un livello artistico ed esecutivo immenso, il quale non viene ridotto o minimamente semplificato dal vivo. E quando una band riesce a portare sul palco le stesse emozioni che ha catturato in studio, allora credo si tratti di una delle definizioni della parola… ‘arte’.

(Luca Zakk) Voto: 9,5/10