(Alma Mater Records) A suonare un certo tipo di epic metal anni ’80, ora che anche i Manilla Road non esistono più, sono davvero rimasti in pochissimi: fra costoro, i portoghesi Ironsword si avviano ormai ad essere una istituzione, sia per anzianità (sono in circolazione da 25 anni!) che per la qualità della loro musica. “Servants of Steel”, con la copertina che rinvia naturalmente alle avventure di Conan il Barbaro, giunge a cinque anni da “None but the Brave” https://www.metalhead.it/?p=46861, pur se il lungo silenzio è stato rotto dall’EP “In the Coils of Set”, uscito a Ottobre ’19. Questo disco che trasuda epicità heroic fantasy da ogni nota si apre con “Rogues in the House”, primo dei due brani che ospita “Hellroadie” Patrick dei gloriosi e già citati Manilla Road (il secondo è la meno incisiva “Red Nails”); chitarre sferraglianti, sezione ritmica barbarica, duetto con Tann equilibrato ed evocativo. Bentornati, Ironsword! Stentorea “Tower of the Elephant”, dedicata a un racconto di Howard che avevano già messo in musica i BattleroaR; oscura “In the Colis of Set”, particolarmente evocativa “Son of Crom”, con diversi passaggi acustici che sanno di quell’heroic fantasy ormai scomparso dalla letteratura e dal cinema. Funziona bene l’alternanza slow/fast in “Black Colossus”, il brano in cui più il timbro vocale clean di Tann ricorda il compianto Mark Shelton; è felicemente Manilla Road anche “Isle of the Damned”, soprattutto nelle parti più caotiche e tenebrose. Chiudiamo con la autocelebrativa titletrack: come ho già scritto in precedenza, il terzo disco “Overlords of Chaos” resta una vetta inarrivabile, ma “Servants of Steel” resta manna dal cielo, ora che l’ondata epic metal degli ultimi anni sembra (definitivamente?) conclusa.

(René Urkus) Voto: 8/10