(Indie Recordings) I Kampfar sono morti. E poi sono risorti. Dopo una pausa riflessiva negli anni successivi a “Profan” (recensione qui) con i membri della band separati tra loro (qui), a causa di problemi individuali, quelli che la vita ti sbatte in faccia con cinica perversione, è tornata l’ispirazione. Nascono dei demo. La band si isola in qualche costruzione dispersa in qualche bosco nordico e riversa tutta l’angoscia e la sofferenza in questi quaranta minuti di puro e maturo black metal. Il creativo Ole (chitarra dal 2011), in particolare, ha concentrato tutto il dolore per la perdita di un genitore in una essenza musicale tagliente, profonda ed infinitamente oscura. Oscurità infinita e maturità artistica: sono questi due elementi fondamentali che rendono grandioso un nuovo lavoro che preferisce un’emotività introspettiva ad una rabbia strettamente espressa con la violenza. I sette brani abbracciano una vivida e viscerale atmosfera che spesso si manifesta con sonorità lente, mid tempo incalzanti e divagazioni quasi liturgiche che annullano il significato di concetti quali ‘luminosità’ e ‘colore’. Impostazione feroce con la opener “Syndefall”, brano con una parentesi centrale epica, supportata da linee di basso provocanti ed una progressione favolosa. “Ophidian” trasuda violenza spietata fino a metà brano, quando il mondo collassa su se stesso dando vita ad un altro mid tempo glaciale il quale conduce verso la malinconia melodica del finale. “Dominans”, con la voce ospite di “Agnete Kjølsrud” (front-woman dei Djerv), è inquietante, schizofrenica ed offre un duetto vocale favoloso, oltre che diabolicamente dissacrante. La sofferenza diventa straziante, anche se pregna di ira, con “Natt”, una canzone che si evolve verso ritmi marziali perfidi che scatenano l’ascoltatore, iniettando poi ulteriore ansia con un tetro pianoforte. Tuonante e letale “Eremitt”, brano contorto dalle subdole evoluzioni progressive. Ferocia, melodia e tecnica su “Skamløs!” prima dell’epilogo rappresentato dalla lunghissima “Det Sorte”, traccia drammatica dominata da linee vocali piene di urlante dolore, con l’accento generato della guest vocalist Marianne Maria Moen la quale emerge dal nulla dopo un crescendo di ritmiche temporalesche. Kampfar risorti? Ed ora cosa succede? Non lo so. Non lo sanno nemmeno loro. Ma come hanno messo esplicitamente in chiaro, questi sono i Kampfar di oggi, i Kampfar a 25 anni dalla prima entità composta dall’onnipresente Dolk, i Kampfar con alle spalle una vita artistica e personale, una esperienza, che non ha nulla a che fare con il background di una qualsiasi band di ventenni debuttanti. Il black metal si è sempre evoluto, in tutte le direzioni possibili. Con i Kampfar si consolida, cresce, diventa adulto e riafferma il suo travolgente predominio!

(Luca Zakk) Voto: 9/10