(Cronus Productions) Il sestetto greco Kosmogonia pubblica il proprio debut “Entrhone the Gods” inserendosi bene nell’ambito folk/death che nei primi 2000 aveva gli Ensiferum fra i massimi rappresentanti: certo, il sound degli ellenici è più mediterraneo, ma non è impossibile cogliere echi anche di Amon Amarth, Wintersun, o forse ancora meglio dei Borealis. Il tempo di una brevissima intro, poi “Elysian Fields” mostra un sound estremamente dinamico, dove si alternano growling, cantato pulito (sia maschile che femminile), elementi death in velocità e altri folk mediamente più lenti, sempre in un sound che, come si diceva, è facile riconoscere come ellenico. Forse però sei minuti sono troppi… anche la titletrack, quadrata e a suo modo epica, pecca un po’ di prolissità (quasi nove minuti senza troppe variazioni); “Raven’s Call” (altri sei minuti) ha un dettato duro e cupo, funzionale alle trame sonore. La “Dionysian Song” si presta naturalmente alle trame più roboanti e folkloristiche, ma non aspettatevi i Finntroll: anche nel finale estatico il riff death è prevalente. Ancora oltre sei minuti per “One lost Army”, il brano che più vive di contrasti fra dimensioni quasi black ‘intervallate’ dal cantato lirico di Maya Kampaki. “Daughter of Zeus” è una ballad acustica in leggero crescendo, mentre la marziale e spartana “Triiris” vede l’altro singer e chitarrista Kostas Magalios esibirsi su tonalità baritonali. Se sfoltiscono qualcosa nelle composizioni, i Kosmogonia possono certamente farsi notare!

(René Urkus) Voto: 7/10