(Moribund Records) In perfetto stile black metal, c’è devastazione e morte dietro i nord-americani Live Suffer Die. Il progetto era composto dal canadese Lörd Matzigkeitus (Sartoraaus, The Projectionist, Thy Sepulchral Moon, The Black Sorcery) e dallo statunitense Lance Gifford (ex-Bitter Peace, ex-Empire of Blood, ex-Godless Rising, ex-Kill Me, ex-Vis Absoluta, ex-Moltens Lore), deceduto lo scorso settembre; questo “A Voice from Beyond Death”, sostanzialmente un album postumo, è sia il primo ed unico album della band, ma anche l’ultima collaborazione tra i due tetri personaggi appartenenti al black di culto che striscia subdolo nell’underground del genere. In questi cinque devastati brani (i quali sommano un’ora di massacro mentale), ci sono le linee vocali estreme di Lörd Matzigkeitus, le quali si abbandonano ad una tendenza psicotica e suicida, in linea con creature quali Silencer e Bethlehem; il tutto viene poi torturato dalle furiose sferzate sonore composte dal defunto Gifford, in un turbinio di ansia, instabilità, potenza, crudeltà, con influenze che spaziano dal black più putrido arrivando fino all’industrial e pure a un’oscurità impenetrabile dal gusto epico e trionfale. Crudele, funerea e assassina la lunga “14 Voices”. Destabilizzante “Fisted Aspiration of Sanctuary”, con aperture che abbinano arpeggi decadenti ad una voce ancor più straziata da effetti infernali. Tracce di purezza melodica violentata senza ritegno da riff e voce sulla lunghissima “Self Destruction Fiend”. Sublime la malvagità che emerge da “Twin Witches of Ruin”. Ai confini del depressive ambient, nonostante il bellissimo assolo di chitarra, con la conclusiva “Veins Wide Open”. Un album che strazia la mente, la psiche, la pace interiore e qualsivoglia equilibrio mentale o fisico. Imperdibile per chiunque ami la disperazione di bands quali Bethlehem, Silencer, Judas Iscariot, Shining, Burzum ed anche i vecchi Forgotten Tomb!

(Luca Zakk) Voto: 8/10