(Sliptrick Records) È uscito l’anno scorso questo quarto album degli italiani Lucic Dream… tuttavia si tratta di un’opera curata che merita molta attenzione, anche dopo tanto tempo. Il loro genere ruota attorno un metal progressivo, con evoluzioni spesso heavy le quali danno ai brani un mordente che emana energia e coinvolge, piuttosto puntare alla pura ricercatezza tecnica fine a se stessa. Ma la tecnica non manca di certo, considerando anche l’intenso lavoro di arrangiamento per coordinare una line up molto estesa la quale comprende anche violino, violoncello e viola: poi alcuni nomi sono d’impatto… a partire dal chitarrista e mastermind Simone Terigi, passando per ben due vocalist, ovvero Carlo Faraci (Arca Hadian) e Roberto Tiranti (Labÿrinth), quest’ultimo anche bassista. I brani sono tutti appartenenti ad un concept che cerca l’infinito ed i confini dell’universo, mentre musicalmente riescono ad essere molto variegati, toccando diverse varianti stilistiche. Decisamente potente “Wall of Fire”, brano nel quale si nota subito la tecnica solista del chitarrista; ci sono aperture power con riff molto coinvolgenti su “Desert Glass”, mentre “By My Side” è una stupenda ballad, molto sensuale, poetica ed avvolgente, ricca di ottime melodie arrivando a non farsi mancare una parentesi vintage. Gli archi accompagnano linee vocali teatrali sulla breve “Moving Sands”, mentre si rivela molto intensa la potente “A Dress of Light”, un brano che riesce a divagare tra riff impulsivi e melodie suggestive. Stupendo hard rock, ultra tecnico ed a tratti epico, con “The War of the Cosmos”, mentre è un capolavoro lo strumentale “The Realm of Beyond”, brano dal sentore drammatico che vede un intenso uso degli archi. Intima e legata ad un rock più tradizionale “Golden Silence”, traccia che comunque ad un certo punto si scatena con riff vibranti ed assoli sognanti. Interessante la ripresa acustica della opener, seguita dal sentore rituale dell’intermezzo “Prayer for the Great Spirit”, prima della profondità emozionale ed introspettiva della nuovamente teatrale “Invisible Stranger”, la quale porta al senso di nostalgia mistico della conclusiva “Wakan Tanka”. Album ricco di dettagli, di musicalità, di trasporto; un album nel quale lasciarsi andare, percependo la forza dei momenti grintosi e la delicatezza di quelli più intimi. Un album che trasporta lontano, che conduce verso mete ignote, lassù, ai confini spirituali del cosmo.

(Luca Zakk) Voto: 8/10