copMarshrooM(GlobMetal Promotions) I Faith No More di oggi. Vi ricordate i Faith No More degli anni ’90 quando arrivò Mike Patton? Quel genere strano, che non era hard rock, non era grunge, non era metal, non era rap, ma era dannatamente fico? Questo è quando emerge dall’ascolto del debutto “Kapelmeister” dei russi Marshroom. Un album strano, assurdo, deviato. La cosa pazzesca è che viene catalogato come hard rock, ma la verità è trasversale. In questo disco c’è metal, c’è dance, c’è potenza, c’è groove, c’è alternative e c’è anche una palese dimostrazione della capacità artistica. Un album che al primo ascolto mi ha lasciato in uno stato tra il perplesso ed il confuso. Ma dal secondo ascolto il livello di genialità emerge, e ci si rende conto della versatilità immensa della band. “I Like It” apre il lavoro con concetti industrial che immediatamente deviano verso un heavy rock alternativo, che traccia la linea di confine tra metal e pop. Potente, cadenzata, riesce a scuotere nel riffing ed esaltare con le imponenti deviazioni funky, specialmente nel refrain. Altro ottimo esempio della malattia mentale della quale questo trio è “Just Dance Baby”: dance, letteralmente. Il ritmo di base è proprio ispirato a quel genere, e la malattia psichica è evidenziata dagli scambi tra vocalist “cattivo” è “pazzo”. Il pezzo molto strano, ma irresistibile. Decisamente irresistibile! “Mr. Kokle” intensifica la sensazione che dietro a questo moniker ci stiano dei personaggi geniali rinchiusi in un manicomio…. ritmica ballabile, trombetta, beat, riffing cattivo, atmosfera, suspance, rap, groove, funky, atmosfere gloriose e trionfali. Undici minuti di idee diverse, variegate, contrapposte che, assieme, diventano fantastiche. E non sono undici minuti dove il primo è completamente diverso da ciò che segue! Qui il lead motif torna sempre, non abbandona mai offrendo una costante sensazione di benessere, di sicurezza, di stabilità isterica affidata a massicce dosi di psicofarmaci. “RaZZmataZZ”, pezzo diviso in due tracce, riassume i concetti precedenti, ed introduce ulteriori dettagli: melodia spinta agli eccessi, funky spremuto, rock alternativo depredato. La ballad “Motley Limb” svela una ulteriore faccia di questa band dalle molteplici identità. Una ballad struggente, rabbiosa, deviata, dove concetti quasi tribali diventano digitali, elettronici, dannatamente metal. “My Name” è un altro gioiellino di mix riuscito tra ingredienti apparentemente incompatibili, arrivando a sfiorare idee molto vicine ad un death metal tecnico. Questa non è una band normale. Questa non è una band convenzionale. Questa non è forse nemmeno una band. Forse sono degli alieni che dopo averci osservato per decenni hanno deciso di mescolare tutto e dire la loro, diffondendo una extra-opinione, partorita da anfetamine extra-terrestri. Russia? Oh, ma allora stanno conquistando questo mondo marcio. Da domani tutti a scrivere in cirillico. La cosa maledettamente fica? Che anche la copertina è meravigliosa.

(Luca Zakk) Voto: 8,5/10