copmaster(FDA Rekotz) La FDA Rekotz ci ricorda che questo è il dodicesimo album dei Master, ma che importanza può avere questo conteggio, visto che Paul Speckmann (fondatore) è sempre in giro a suonare, incidere, collaborare (di recente con R.Johansson QUI). Una vita artistica eterna, iniziata negli anni ’80, quando era bassista per i War Cry, poi con il collega Bill Schmidt diede vita ai Master, ma seguirono poi altre situazioni ancora. Su tutte io personalmente sono legato agli Abomination. Speckmann è uno dei musicisti più quotati nell’ambito death metal e magari non sarà famoso come altri, ma la sua aura artistica è rispettabilissima. I Master sono tra i pilastri del death di scuola americana, ma dimostrarlo ancora nel 2013 può essere arduo. I tempi sono cambiati, la concorrenza è aumentata esponenzialmente, gli studi permettono di incidere album senza sbavature, anche se a suonare sono dei gorilla. Nonostante ciò la classe non è acqua e Paul Speckmann e i suoi due colleghi, il batterista Zdeněk Pradlovský e il chitarrista Alex Nejezchleba, si danno da fare e forse senza nemmeno troppi sforzi, perché il sound robusto, denso, tellurico, del quale Paul ha dato sfoggio per anni (gli altri due sono entrati in formazione nel 2003) eccolo rinvigorirsi e riproporsi con efficace lucidità. Riffing e ritmiche solidi, un atteggiamento vispo e per niente stagnante, nonostante un taglio abbastanza retrò, ma non poteva essere altrimenti. Pura tradizione death metal pronunciata con disinvolta e cruda vigoria. Un vero assalto frontale. Paul Speckmann ringhia nel microfono con esasperata violenza mentre basso e batteria tessono una ragnatela ritmica che sorregge l’intero set di canzoni (sono undici in totale) e le evoluzioni delle chitarre, ruvide, grigie ma aggressive. A volte nell’ascoltare lavori di musicisti “stagionati” ci si trova di fronte a cose fatte con mestiere, con esperienza, qui invece appare evidente che c’è quell’impeto sincero, personale e spontaneo. Un atteggiamento che produce un sound che magari non entusiasmerà molti e soprattutto chi non si dedica con attenzione all’old style, ma questo “The Witchhunt” è solidità fatta musica, cementata con melodie continue e strutturate, alle quali non si può non riconoscere un loro valore.  Melodie coinvolgenti e non nascondo che la mia recensione è arrivata anche tardi rispetto la data di uscita perché più volte ho ascoltato “The Witchhunt” e ne ho goduto evadendo da ogni cosa che facevo, dimenticandomi anche di doverci scrivere un pezzo. Sono sinceramente ammirato da Speckmann e soci (lo sono sempre stato), per la qualità proposta e per questo rinnovarsi di un sound robusto, pachidermico. Un wall of sound poderoso e solenne. I Master e niente altro!

(Alberto Vitale) Voto: 7,5/10