(Awal) Se ne sono stati in silenzio per un decennio. Poi agli inizi del 2020 hanno ricordato al mondo chi sono, riformandosi ed offrendo anche la ripubblicazione del loro iconico album “Amen” (recensione qui). La caratteristica principale di questa band alternativa è la fusione apparentemente improbabile tra metal-core e metal schizoide con il pianoforte, il quale sostituisce completamente chitarre e bassi, tanto che la line up prevede un quartetto con voce, batteria, piano e tastiera (rispettivamente al posto di chitarra e basso). L’emblematico titolo “Let This Rope Cross All The Lands” è un altro suggerimento verso il loro ritorno, verso un secondo avvento, visto che i cinque brani qui contenuti non sono veramente delle nuove canzoni; si tratta di una manciata di B-sides, qualcosa di nuovo, il tutto ricreato con la line up attuale (la quale, come detto, prevede un tastierista al posto del bassista), con l’energia e la visione della nuova era del progetto. Subito impattante ma anche estremamente contorta “Your Shelter”, brano ricco di violenza incrociata con disperata malinconia; il favoloso vocalist è poliedrico, mentre il suono appare più completo ed il nuovo batterista regala tecnica e dettagli preziosi. Instabile, schizoide e rocambolesca “There Will Be No One”, teatrale e suggestiva “Red”, un pezzo nel quale la disperazione del cantante assume un livello recitativo superlativo. L’ensemble degli strumenti è provocante sulla drammatica “Speak to Me”, verso poi l’irresistibile atmosfera apocalittica della conclusiva “Ego Zero”. Dissonanze, arrangiamenti complessi con una comunque visione minimalista. Fantasmi di grandi compositori aleggiano nei meandri sonori di questo EP, mentre pattern di batteria progressivi supportano una cadenza violentata dal favoloso frontman. Piano-core, lo chiamano. Ma anche post rock o qualcosa di avant-garde, ma indipendentemente dalla definizione, l’intensa originalità della band francese e questo nuovo EP (masterizzato daMagnus Lindberg dei Cult Of Luna)riescono nuovamente a sorprendere, stupire, incantare… coinvolgere con poco più di venti minuti farciti di musica d’altissimo livello in una incrocio di stili e generi che va molto ben oltre qualsivoglia appartenenza ad uno stile o un genere. I My Own Private Alaska sono geniali e questo anticipo di ritorno su lunga durata altro non fa che stuzzicare l’appetito!

(Luca Zakk) Voto: 8,5/10