(Season of Mist) Dopo un introduzione dolce ed armonica scoppia la violenza intensa, ricca di tecnica, cinica, spietata… per poi dare spazio ad un clean singing epico. Inizia così “Urn” con la opener “Libera (Part I) – Saturnine Spheres”, la quale poi prosegue acida con un growl devastante, e progredire poi in modo pazzesco scatenando un assolo esaltante, prima delle chitarre acustiche sostenute da un basso sublime e dal consueto violino, il quale in questa band non è mai stato un’aggiunta, un contorno… piuttosto uno strumento principale. È questo lo stile unico degli australiani che giungono al terzo album, nel quale confermano il loro stile ed originalità, nonché un’abilità musicale inconsueta ed una fantasia nel songwriting da non sottovalutare visto e considerato che serve classe per rendere fruibili brani di questa estrema complessità strutturale. Non sbagliano coloro che affermano che i Ne Obliviscaris hanno in qualche modo ridefinito il prog metal internazionale, ed io ci trovo pure delle immense similitudini con gli italiani In Tormentata Quiete, i quali però sono marcatamente più teatrali mentre i colleghi australiani risultano più feroci, più glaciali, con le parentesi black ed estreme sicuramente più marcate, tanto che il growl dello stesso Xenoyr è più feroce mentre il clean di Tim risulta più oscuro, poetico, misterioso ed ossessionante. Fantastica “Intra Venus”, un brano che spazia dal power al death più feroce, con dettagli appartenenti pure al grind, senza mai ovviamente dimenticare il passaggio acustico, il momento di quiete, la parentesi sublime, che in questo brano offre un assolo di basso molto coinvolgente. Si materializza il sogno con “Eyrie”, un sogno che poi viene trasformato brutalmente in incubo quando, dopo oltre quattro minuti, tutto cambia, tutto diventa metallico, freddo, tagliente ed anche particolarmente estremo; ma il duetto tra i due vocalist, qui, risulta decisamente efficace! A fine album un po’ si denota un pattern generale tra parti acustiche, atmosferiche e brutali… forse una prevedibilità ma pure un marchio di fabbrica che evidenzia sempre dei cambi stilistici equilibrati, ben studiati e concepiti, mai fuori luogo. Un costante equilibrio instabile tra armonia sublime e violenza inaudita. Un equilibrio costruito con dettagli, con magistrale genialità sia compositiva, che tecnica ed esecutiva. Un album sicuramente non facile, decisamente non per tutti, ma comunque molto fruibile ed accattivante. Probabilmente la vera genialità è saper costruire qualcosa di così finemente articolato e contorto, sapendo poi come confezionarlo per proporlo -anche dal vivo- con un ottimo riscontro, anche al pubblico più variegato.

(Luca Zakk) Voto: 8,5/10