copnomadson(Metal On Metal Records) Doom metal, certo, ma a modo loro. I Maltesi Nomad Son non copiano, non imitano, non riciclano. Semplicemente creano. E la loro creazione è un album, il terzo, pieno di atmosfera, di emozione, di quella dose di oscurità tipica del genere, ma spesso iniettata da proposte che invadono altri generi musicali quali il thrash per esempio. Un doom profondo, capace di momenti lenti ed epici, ma anche heavy e tirati, dove la potente voce di Jordan Cutajar è sempre un elemento caratteristico e dominante. Un doom impegnativo: oltre cinquanta minuti di viaggio introspettivo, scandito da pezzi spesso di interessante durata (quasi sempre ben oltre i sei minuti) dove il percorso emozionale e sonoro ha spazio per essere ben sviluppato, accresciuto, intensificato. Un uso intelligente della tastiera, spesso impostata su un suono di organo, regala all’opera una sensazione occulta ed allo stesso tempo vintage. Potentissimi i pezzi, sempre ricchi di accenti, di momenti in equilibrio tra l’epico ed una versione oscura del trionfale. Imperdibili gli episodi intitolati “Age Of Contempt”, grintosa, moderatamente veloce e ricca di un’atmosfera che annienta, e “The Devil’s Banquet” profonda, epica, inquietante. Ma è veramente difficile estrarre dei “singoli” da questo monumentale disco. Ogni pezzo è pieno di energia, di inventiva, di quel dannatissimo feeling che rende la canzone parte integrante della vita dell’ascoltatore. Quindi è sempre una totale goduria far suonare questo disco a volumi infernali, godendo di “Only The Scars” dove lo stile drammatico del cantante si esalta, di “Descent To Hell” dove l’impostazione non fa certamente sentire la mancanza di grandi artisti quali Candlemass o Metal Church. Pura liturgia è l’immensa title track, cosi maledettamente 70s, grazie all’organo, ma anche così infinitamente heavy grazie al quel riff potente e lacerante. Confini verso generi estremamente più votati all’horror con “Caligula”, confini che vengono superati con la malefica “Orphaned Crown”, un pezzo che è un continuo rimbalzo tra tradizione ed efficacia di un metal più moderno.  Un assoluto capolavoro made in Malta. Non ho assolutamente idea di cosa possa ispirare un tale immonda e diabolica creatività a dei personaggi che vivono nel bel mezzo del mare, a metà strada tra Europa ed Africa. Non so cosa li ispiri, ma deve essere qualcosa di profondamente assetato di sangue, immerso nei riti più malvagi e perversi dell’umanità. E deve essere un qualcosa di dannatamente feroce, perché questo disco, tra l’altro dotato di un booklet favoloso, è il doom metal di oggi, senza dubbio, senza ipotesi. Se doom è la vostra domanda, questa è l’unica risposta.

(Luca Zakk) Voto: 9/10