(Lizard Records) Gli Outopsya sono Evan Mazzucchi (basso, violoncello, artwork) e Luca Vianini (chitarre, voce, synth e batteria) e con il nuovo lavoro “Fake” si sono presi la briga di realizzare un doppio, il quale è assolutamente indefinibile, va riconosciuto, nel volerlo semplicemente etichettare. Si può dire che siamo in presenza di un’espressione elettro-rock d’avanguardia, ma nella sostanza in “Fake” ci sono moltissime cose. Il primo CD propone 11 pezzi, in 49′. Si apre con atmosfera cupa, mogia, un cantato in stile dark e il pezzo che scivola lontano e lento. Il secondo pezzo, “Engage”, è puro ambient molecolare, minimale, un po’ Aphex Twin alleggerito. La cosa si ripete nella versione “reprise”. Ma elettronica, sperimentalismi, decostruzione dei suoni, rumori e atmosfere eteree o nebulose si ritrovano per tutta la seconda metà del primo CD. C’è dell’elettro-noise come in “Phantom”, ma anche a seguire in altre tracce. “My Joy” ha atmosfere e tastiere quasi spaziali e riecheggiano i Tangerine Dream. Anche il secondo CD è suddiviso in undici pezzi, eseguiti in 42′, e ha una pasta diversa rispetto all’altro perchè offre più rock. “Anxious” è semplice con il suo eco su quella chitarra (o basso che possa essere) che tinge melodie malinconiche e inquiete. “The Word Has Been” è invece un pezzo dal carattere math-post core. Tuttavia è “Enter the Brain” ha fregiarsi dei migliori riconoscimenti: canzone strumentale a metà tra la fusion e la psichedelia, con un lungo e sognante assolo di chitarra poggiato su synth, batteria e basso che creano un fondale perfetto. “Loving Heat” propone anch’essa una chitarra tanto gilmouriana, ma con un’elettronica decisamente più pregna e invasiva. Ci sono altre composizioni dove elettronica, voci atonali e suoni si sposano insieme e proprio in questo secondo disco sovvengono alcune atmosfere legate al kraut rock e ai Neu (“Lanterns”) o addirittura a certe cose bizzarre dei Gong, ma tutto è visto in chiave moderna perchè tutto si trasforma in scenari sintetici, filtrati da idee bizzarre dove strumenti e passaggi rock si mischiano allo space rock, alla psichedelia e all’elettronica dissoluta. “Loving You Sick” potrebbe essere un brano (anzi, è diviso in due parti) adatto a rispecchiare questa sintesi contorta. L’avanguardia serpeggia, l’elettronica bolle in superficie e in profondità delle canzoni e gli Outopsya sbattono nel proprio frullatore compositivo ogni emozione. Il risultato è un album complesso, sopra le righe, surreale, difficile, affascinante, deforme, ammalato. Ci vuole una buona dose di coraggio e convinzione per incidere un prodotto simile e rischiare di essere bollati malamente, ma appunto non è un’opera semplice e superficiale e l’ascoltatore deve impegnarsi a viverla.

(Alberto Vitale) Voto: 7/10