CANDLE419CD_BOOKLET.indd(Candlelight) Il ritorno, l’ennesimo, della storica band olandese probabilmente aprirà i consueti dibattiti virtuali e che tanto buoni sono per farsi due risate, sul feedback che si genera tra chi scrive la recensione e chi la commenta. Si da il caso che le ultime prove dei Pestilence – la band si sciolse nel 1994 e solo nel 2008 riprese formalmente a funzionare- hanno fatto il pieno di giudizi negativi, se non addirittura offensivi, e credo che la storia continuerà con “Obsideo”. Il quale però è un album dal suo peso specifico e rispecchia nella sostanza i Pestilence o almeno quelli in sintonia con il thrash-death metal proposto in chiave articolata, progressive, complesso nelle strutture fatte di ritmi d’assalto, riffing calibrati, volubili e cenni solisti delle chitarre densi e spiccati.  “Obsideo” è un lavoro scorrevole pur nella sua essenza feroce e complessa insieme, dunque non distante dagli ultimi due lavori, tanto criticati ed osteggiati dai più. Niente richiami a soluzioni raffinate, nessuna struttura compositiva accademica, raffinata ed istrionica. “Obsideo” esprime una tecnica bardata della tipica e calcolata irruenza dei Pestilence, i quali si sono rinnovati nella base ritmica con la batteria di David Haley (The Amenta e  Psycroptic) e il basso di Georg Maier. Valutando questo album nel periodo attuale, salta all’orecchio come esso sia una estremizzazione del thrash metal che sconfina nel death. Sicuramente autoreferenziale, cioè suggerito dal tipico comporre dei due Patrick, Mameli e Uterwijk, non aperto a novità o a sonorità moderne. Standard nella sua identità. Un sound di pietra: pesante, duro, di sostanza, nonostante il continuo variare del songwriting. Ai fans più stretti “Obsideo” offre colpi spietati, articolati nella forza, mentre ai cultori della fase elaborata della band (i due album degli anni ’90) non potrà dire nulla di interessante. La tecnica degli Olandesi è comunque ben messa, come sempre, il cantato di Mameli si conferma quel growl arso, standard nella modulazione e Utervìwijk sfodera quei tipici assoli lancinanti. Tutto come sempre, ad un livello piacevole ma non tale da rimettere il nome Pestilence tra quelli delle grandi gesta.

(Alberto Vitale) Voto: 6,5/10