(Talheim Records) Il black depressivo dei georgiani Psychonaut 4 ha un tocco di sublime bellezza, la bellezza della sofferenza, della depressione, della tristezza, delle tendenze autolesioniste, il tutto annegano in una divagazione post sovietica, ricca di atmosfera, originalità, carnalità e purezza di espressione dei sentimenti. A quattro anni dalla pubblicazione di “Neurasthenia” (recensione qui), nonostante lock down, pandemie varie, dittature sociali, quarantene di ogni tipo e, non ultimo, l’arresto per droga del chitarrista e anima compositiva -Glixxx-, la band riesce a dare vita al quarto intenso lavoro, quasi un’ora di musica priva di confini, di limiti, di regole, musica pregna di emozioni, musica alla quale Glixxx ha comunque contribuito con alcuni demo alla sei corde e alle tastiere, una base partendo dalla quale il resto dei ragazzi sono riusciti a materializzare questo “Beautyfall”, album dal titolo suggestivo e misterioso. Cantata prevalentemente in lingua madre (georgiano), la nuova opera esterna ogni dannata maledizione, ogni lacrima, ogni ferita… sia essa esterna o interna, più o meno superficiale o più o meno intima, rivelando ancora una volta una potenza creativa ed espressiva praticamente illimitata. Linee vocali dallo scream straziante al rock oscuro e gotico, le tre chitarre che dipingono scenari impossibili su linee di basso sempre calde ed incisive, con un drumming intenso, sono tutte componenti che esaltano anche una stabilità nella formazione, ormai invariata da cinque anni… ovvero metà della vita del progetto. Puro assalto frontale con la opener “მარტო მებრძოლი ველზე / One Man’s War”, un pezzo tirato che poi rivela con passione le tenebre che cela, evolvendo verso un post black immenso, scandito da tempi irregolari i quali inneggiano alla disperazione assoluta. Un black forsennato apre “თბილისური ტრაგედია / Tbilisian Tragedy”, un brano in continua evoluzione, capace di mutare dalla brutalità ad una atmosfera progressiva inquietante, ricca di melodia, di pulsazioni, di drammaticità invadente. Impetuosa “…და შენ როგორ ხარ? / …and How Are You?”, altro brano con ritmiche ricercate, tra il black ed il post, tra il rock gotico esaltato dalle tastiere malinconiche e un’estremismo musicale spietato, coronato da un epilogo intenso, spirituale, profondo ed introspettivo. “Sana-sana-sana – Cura-cura-cura”, l’unica canzone cantata in inglese, instaura immediatamente un’atmosfera pregna di mistero, con chitarre ricche di armonia, linee di basso dominanti, drumming sfezato da accenti… groove illimitato… verso un black diabolico, un black rituale, lacerazione introspettive esaltate da una chitarra classica sublime, atmosfere vocali sublimi, verso un finale dal gusto tragicamente epico. Anima punk e trionfale con “#შენახვადამოხმარება / #Tokeepandtouse”, marziale, lacerante e psicologicamente devastante “ის სევდა, ისევ და / And Sorrow, Again”, brano che dopo aver esplorato con il sangue il lati più negativi dell’esistenza esplode in black scatenato il quale a sua volta sfocia in una drammaticità sonora intricata e provocante. Teatrale “მტ(ვ)ერი / Dust, the Enemy”, con quel sassofono in sottofondo, le spoken vocals preoccupanti, il crescendo tuonante, quei colpi di scena fragorosi e quel finale prorompente, prima della conclusiva “Sterile Nails and Thunderbowels”, immensa cover dei Silencer eseguita forse dall’unica band in grado di riprodurne la massacrante energia autodistruttiva devota al culto della disperazione terminale. Una ricchezza compositiva destabilizzante. Un album stilisticamente compatto ma ricchissimo di divagazioni in qualsivoglia direzione stilistica. Tragedie. Guerre psicologiche combattute nei meandri della mente. Uomo nemico di se stesso, uomo come artefice della sua tortura, della sua condanna, della sua morte… anticipata solo dal piacere intimo per il raggiungimento di tale epilogo. È sublime ed infinitamente drammatica l’arte degli Psychonaut 4… oscuri giullari di una corte decadente, ombre eteree che negano la luce, effimeri spiriti che danzano sulla tomba dell’umanità, deviati psicopatici che urlano al mondo una verità che nessuno vuole vedere, che nessuno osa percepire, che nessuno accetta di comprendere. La migliore colonna sonora per quella tragedia teatrale rappresentante il nostro mondo ormai palesemente in rovina.

(Luca Zakk) Voto: 10/10