copskyconqueror(Autoproduzione) Non facciamo finta di niente, spesso l’heavy metal è una somma di stereotipi. Serve il riff fatto in un certo modo, il ritornello da pugno al cielo, l’assolo al posto giusto… anche le foto promozionali, il booklet e la copertina devono rispettare determinati parametri, altrimenti gli appassionati non si avvicinano o peggio non ti notano nemmeno. Tutto sta, allora, nel come questi stereotipi vengono gestiti e bilanciati. A partire dall’intelligente copertina, passando per le foto da bikers, e naturalmente per il sound proposto, gli Skyconqueror interpretano bene, se non benissimo, questi stereotipi. Alla fine è questo che vogliamo dall’heavy metal, no? E quindi a questi quattro tedeschi invasati e a loro modo simpatici, die hard defenders nati, in giro da quasi vent’anni e al secondo full-“length”, possiamo certamente perdonare un paio di peccati veniali, fra cui una produzione non ottimale e un paio (ma giusto un paio) di ingenuità compositive. Vediamo allora le migliori fra le undici tracce di questo “Under the Pentagram”. “Monolith” infila un riff alla Saxon in un impianto sonoro più duro, quasi alla Sabbath era Dio, per un buon risultato. “Demon” ha così quasi i suoni dell’occult metal, mentre la fosca “The Sanctuary of ’83” riverbera di NWOBHM. La hit del disco potrebbe essere “The Dusk”, anch’essa oscura e densa d’atmosfera, ma con tocchi quasi doom. La titletrack ha una certa spontaneità quasi Motorhead; si difende bene anche lo strumentale “Through different Eyes”, naturalmente maideniano, prima della conclusiva “Blade of Black”, forse il pezzo più Heavy Load di tutto il lotto. Sono riuscito a convincervi? Gli Skyconqueror sono dei nostri, appartengono alla vecchia scuola e lo ostentano in modo quasi troppo spontaneo; cose che, se i brani sono vincenti, io apprezzo sempre senza riserve.

(Renato de Filippis) Voto: 7,5/10