(Apollon Records) Certe operazioni commerciali io proprio non le capisco. Anzi, le capirei se non si chiamassero ‘commerciali’, appunto… ad esempio perché ristampare l’unico disco degli Slut Machine? Boh, non ho una risposta sensata a questa domanda, ma questo album, uscito più di un ventennio fa, non si può certo annoverare tra i dischi da ricordare a tutti i costi… Tant’è che la Apollon Records vuole a tutti i costi darmi torto, quindi parliamo degli Slut Machine, band che poteva dire davvero la propria, alla luce di un contratto mai mandato in porto con la Roadrunner. Certo l’etichetta avrebbe dato loro una considerevole diffusione a fronte di un disco che ascoltato oggi è collocabile tra lo ‘strambo’ e il ‘confuso’, ma che indubbiamente vent’anni fa era per lo meno fresco nel suono ed innovativo nella struttura. Non so come potrei descrivere la proposta sonora degli svedesi. Una sorta di incrocio tra i Pantera e gli Overkill più sperimentali. Gruppi agli antipodi certo, ma il tutto viene rimaneggiato e condito con una buona dose di punk e hardcore, una vena ribelle e festaiola aleggia in ogni canzone, finendo per far pericolosamente allontanare il platter dalla classica connotazione metal. La voce è quella rabbiosa e ribelle del punk che potrebbe andare bene pure in un disco dei Biohazard, l’attitudine è dannatamente live… Fanno sorridere i testi, figli di un decennio in cui la complessità di ritmiche e strutture musicali dovevano ancora stravolgere la costruzione delle linee vocali, ma è giusto così. Forse il senso della ristampa è proprio quello di mostrarci un piccolo angolo del metal degli anni novanta… da ascoltare almeno una volta.

(Enrico Burzum Pauletto) Voto: 7/10