(Les Acteurs de L’Ombre Productions) Dal 2014 in poi i prolifici francesi Sordide hanno pubblicato, questo compreso, ben quattro dischi. La loro carriera è stata caratterizzata da imprevedibili cambi di etichetta: due album -debutto compreso- con l’italiana Avantgarde Music (recensiti qui e qui) poi sorprendentemente il precedente “Hier Déjà Mort” del 2019 uscito in forma indipendente. Ed ora una specie di ritorno in patria visto che questo nuovo intenso lavoro viene gestito dalla connazionale Les Acteurs de L’Ombre Productions, etichetta abituata a queste espressioni di black trasversale, tra l’altro cantato rigorosamente in lingua madre. Sempre in evoluzione e in costante crescita qualitativa, ecco che il sound di questo trio si rivela molto personale: per quanto ci sia una subdola tendenza verso ideali selvaggi e primitivi, l’impostazione sonora è ricca di groove, curata melodicamente, ricca di tecnica, strutturata a livello ritmico, con basso e batteria che stendono uno spesso tappeto per dar spazio alle chitarre e alle voci, queste ultime estreme senza necessariamente essere spinte verso dimensioni demoniache, abbracciando piuttosto un senso di decadente disperazione, esaltato da testi che fanno emergere uno stato d’animo in pieno contrasto con il mondo odierno, con le regole di oggi e quell’innata arte autodistruttiva, specialità della quale l’essere umano sembra essere sommo maestro. Subito mid tempo incalzante sferzato da iniezioni melodiche pungenti con la opener “Je N’ai Nul Pays”, un brano che poi riesce a materializzare un intermezzo molto tecnico e dal provocante senso caotico. Più immediata e rabbiosa “Ruines Futures”, anche se ancora una volta la band riesce a cambiare direzione, virando qualcosa di più nevrotico, senza dimenticare aperture verso teorie atmosferiche dal remoto gusto psichedelico. Rocambolesca “L’atrabilaire”, pezzo nel quale la radice del suono poco pulita dei Sordide riesce a farsi sentire più chiaramente, esaltando quella combinazione tra sfondo ruvido e primo piano assaltato da un turbinio di luci accecanti. Oscura e sulfurea la lenta “Ne Savoir Que Rester”, micidiale il mid tempo della title track, canzone molto tecnica e dall’incedere teatrale che, più di altre, porta alla luce certe idee comuni ai Satyricon. Chi ama un black più violento, troverà un ricco banchetto infernale su “Le Silence Ou La Vie”, mentre la conclusiva “Vers Jamais” unisce quegli spunti ancestrali con deviazioni a tutto tondo, capaci di evocare black di tutte le forme, offrendo una tecnica tale da strizzare l’occhio a delle forme estreme ed avantgarde del prog. Tanto introspettivi quanto scatenati, violenti ma ricercati. Ipnotici e destabilizzanti. Identificativi e personali. I Sordide danno vita ad un altro capolavoro nel quale il black che sta alla radice riesce ad espandersi a macchia d’olio toccando ramificazioni raw, post, avantgarde, con una costante elevata potenza di fuoco mescolata a malinconia, rabbia ed una ricerca interiore molto cinica, ricca di ideali e in qualche modo contro corrente dal punto di vista socio politico.

(Luca Zakk) Voto: 9/10