CDDG4T1-003.pdf(Iron Bonehead) Dopo quasi 10 anni gli australiani Spire arrivano al debutto con il full length. Certo, non deve essere facile comporre della musica che segua e progredisca lo stile dell’EP “Metamorph” (recensione qui), e forse è per questa ragione che serve tempo. Molto tempo. Un tempo necessario per dare vita all’evoluzione del male, della mostruosità. E quale evoluzione! Se l’EP aveva un suono complesso, trasversale ma sostanzialmente grezzo e diretto, “Entropy” appartiene ad un altro mondo, ad un’altra dimensione degli inferi, dell’oscurità, della decadenza infinita. Sei tracce che alternano un’atmosfera tetra ed opprimente ad una brutalità black piena di marciume e priva di pietà. “Ends” è un mid tempo putrefatto che esplode in blast beat crudeli; il tutto con un tocco di supremazia, di epicità, di irrefrenabile discesa agli inferi.”Labyrinthine” è atmosfera pura. Un’atmosfera che diventa incandescente, ma gelida, spirituale ma maledettamente carnale. Ancora atmosfere ai confini con il noise su “(Remake)” la quale anticipa la perversione di “Void”, nella quale emerge del post black, del black francese moderno e pure degli accenti che ricordano gli Shining, il tutto in un contesto nuovamente epico, immensamente tetro. Inquietante “(Unmake)”. Trionfo e malinconia con la deviazione della conclusiva “Entropy”. Con l’EP dissi che si tratta di un qualcosa di assurdo che si abbandona a culti e tradizioni con una celebrazione moderna, innovativa ed avviata verso il post black. Lo confermo. Lo confermano loro. Lo conferma questo labirinto di tortura mentale. Lo confermano i miasmi di “Entropy”. Lo conferma la maestosità malata rappresentata da questo tanto atteso debutto, pieno di intelligenti contrasti, momenti intensi ed altri volutamente dispersivi. Lo conferma di un assurdo disequilibrio tra concetti contrastanti, collocati agli opposti, agli estremi. L’uno la negazione dell’altro. O forse l’uno lo specchio dell’altro.

(Luca Zakk) Voto: 8/10