(This Is Coe Music) Circa due anni di esistenza, un promo di tre pezzi e poi un secondo, ora grazie alla This Is Core esce il terzo, sempre con tre canzoni, per gli Stereo Age. Cosa ci ha visto l’etichetta in questi quattro torinesi che si stanno impegnando soprattutto per suonare live, oltre a costruirsi un’identità solida? Non saprei, ma la This Is Core essendo attenta alle nuove tendenze deve aver fiutato quello spirito giovane che aleggia in questi pezzi, figlio delle ultime tendenze che hanno visto incrociarsi tra di loro il punk con i meccanismi del pop, di natura statunitense più che europea e il risultato è appunto un sound giovanile, odierno, fresco, teso a rimanere sempre allegro e su di giri. Daniele Ardissone si produce in un cantato continuo (è anche chitarrista) e che non sfocia mai in qualche inno scontato, ma sempre tenendosi su un discorso testuale da regolare e tenere in piedi, così i ritornelli diventano essenziali e semplici. La band si produce in qualcosa che potrebbe, a tratti, ricordare i primi Green Day oppure, rimanendo in ambito recente, gli All Time Low. Nonostante ciò loro sembrano se stessi prima che altri. Anzi rispetto alle due band citate Andrea Bessone come batterista pare che vada ben oltre le capacità di un Tree Cool o di un R.R. Dawson. “A Little More” apre i battenti dell’EP e i primi 30” sono quel genere di cose per le quali ti viene voglia di sentire come la band continuerà a proporsi dopo un inizio ammiccante. Il seguito è davvero piacevole. “Checking, Asking, Showing” è leggermente più punk della precedente e con un ritornello più sfacciato, più pop. “On My Own” parte sfrontata ed energica, come in un duello continuo tra Bessone e le due chitarre, l’altra è di Manfredo Gigante Cortelazzi, mentre il basso è suonato da Paolo Brondolo, uno che fa bene il proprio lavoro e contribuisce a rendere questa canzone la più sfrenata delle tre. Accordi immediati ed elettrizzati, melodie profuse con ordine per creare tre canzoni che funzionino. La band si sta presentando, di nuovo, per far parlare di se. Servirà una pubblicazione con più materiale per giudicarli, ma “Strong Enough” è un biglietto da visita professionale e capace di far vedere di cosa sono capaci.

(Alberto Vitale) Voto: 7/10