copsupermassiveblackholes(Minotauro Records) Primo full length per i Supermassive Black Holes, band nata nel 2010 con già due EP all’attivo. Il genere proposto è un death metal tecnico con marcate influenze progressive e jazz, accomunabile sotto certi aspetti ai Cynic di “Focus”. L’opener “(Sub Molecular) Transmogrification Of The Oriphy” parte con un riff diretto, tanto da farmi credere di trovarmi di fronte all’ennesimo album metalcore influenzato dal death metal Svedese: fortunatamente mi sbagliavo, perché questa band brilla per personalità e può stravolgere una canzone in un battito di ciglia, come dimostra l’assolo ultra intricato a dispetto del riff diretto d’apertura. “The Dyatlov Pass Incident” è aperta da un una chitarra acustica su cui si inserisce una stranissima partitura di basso prima della sfuriata death metal, nuovamente interrotta da stacchi jazz/fusion ultra tecnici. In seguito un nuovo cambio di tempo riporta il brano in territori metal, con un riff dal sapore death/thrash. Dopo un breve interludio acustico, potenza e tecnica si rincorrono nuovamente in “Distance To The Great Attractor”, ideale punto d’incontro tra Death e Meshuggah. La cosa stupefacente è come riescono a inserire partiture puramente jazz in un contesto death metal senza forzature né a discapito dell’impatto. “Holographic Principle” parte con tempi dispari e voce in growling sullo stile dei citati Meshuggah. A metà canzone si inseriscono arpeggi di chitarra prima della ripartenza aggressiva. “Mathematics Of Emotion” è uno strumentale di basso ultra tecnico, mentre “Refracted Kaleidoscopic Photons” parte con un arpeggio acustico che sfocia in una ritmica jazz che ricorda molto le colonne sonore dei film polizieschi anni ’70, prima di venire interrotta da un riffone di chitarra pesante e da un cantato davvero molto aggressivo. “Ghosts Of Bhopal” è un lungo brano strumentale aperto da un clean guitars che precedono un riff molto aggressivo vicino ai Testament. A metà canzone un nuovo stacco jazzato a spezzare il ritmo, per poi ripartire col riff portante. La conclusiva “Lift The Veils” è introdotta da una lunga intro parlata con voce effettata su cui si stagliano una ritmica cadenzata e assoli dilatati e malinconici. Un album che cambia atmosfera in continuazione, spiazzando continuamente l’ascoltatore e regalandogli trentacinque minuti di puro piacere auditivo.

(Matteo Piotto) Voto: 7,5/10