(Avantgarde Music) Un nuovo rituale. Il secondo per la band nata dalle ceneri dei Negură Bunget, conferma che Sur Austru è un progetto che continua a portare avanti in chiave black quel delizioso alone misterioso tipico della terra madre, delle foreste della Romania, dei Monti Carpazi, della Transilvania, una regione pregna di folklore, di superstizione, di una tradizione arcana, ambigua, ricca di dogmi in delicato e tetro equilibrio tra culti i quali trovano origine in un passato lontano. Questo percorso, questo sentiero intrapreso con i Negură Bunget, poi continuato con “Meteahnă Timpurilor”, il primo album dei Sur Austru (recensione qui), ora vuole mettere in evidenza la degradazione di madre natura, quella condanna a morte che l’umanità stessa si è inflitta, elevando la figura di Solomonari, presenza magica del folkore di quelle zone, una entità capace di invocare gli elementi naturali, quali pioggia, vento, tuono e tempeste, scuotendo la natura, riprendendo il controllo, salvando le anime perse. È la natura la radice delle credenze popolari della Romania, tanto che realtà e leggende si fondono in un’unica dimensione nella quale i simboli sacri altro non fanno che esaltarne la potenza evocativa. C’è evoluzione, c’è suono più complesso in questi nuovi brani, un suono più elaborato, più ricco, più impattante, più teatrale ed avvolgente. Canzoni nelle quali il black evolve con genialità verso parentesi introspettive, esaltazioni folk, dando spazio a strumenti tradizionali, voci tribali, clean, growl e pure corali. La traccia d’apertura “Cel Din Urmă” è un perfetto esempio di questa eclettica genialità: dal black pulsante con tracce sinfoniche, a sensazioni tribali che emergono dalle tenebre, sfuriate crudeli con growl possente, il tutto in un groove immenso e con un incedere cinematografico. Atmosfera surreale e rituale, accentata da un black/doom crudele su “Taina”, brano che verso il finale tocca ipnotici meandri radicati nella cultura storica. Puro folk con ”Codru Moma”, tanto oscura quanto suggestiva ”Cant Adânc”, ricercata e tribale, oltre che palesemente progressiva ”Caloianul” (ci sono momenti che ricordano i Solefald). La chiusura del disco è affidata ai due capitoli di “Ucenicii Din Hârtop”, brani nei quali Tibor Kati e compagni mettono in atto un libertinaggio artistico favoloso, confermando la suprema teatralità di questo poderoso concept album, un disco rigorosamente cantato in lingua madre: “Obârşie” significa ‘origine’. L’inizio. La sorgente originale dalla quale nascono gli elementi della natura o dove inizia un cammino spirituale, partendo dalle cerimonie di iniziazione; e per quanto la musica dei Sur Austru sia vasta, ricca di influenze, devota al folk e agli strumenti tradizionali, rimane innegabile che siamo davanti ad una delle massime rappresentazioni concettuali del black metal.

(Luca Zakk) Voto: 9/10