coptheflightofsleipnir(Napalm Records) Quinto disco (che non a caso, credo, si chiama “V.”) per gli statunitensi The Flight of Sleipnir, che dal Colorado propongono un mix sonoro originale e coinvolgente. Non vi inganni quindi la copertina, abbiamo a che fare solo in parte con l’inizio degli anni ’70 e il flower power. “Headwinds”, infatti, gioca per tre minuti fra doom, stoner e forse anche post metal, poi il raggelante screaming di David Csicsely invade inaspettatamente il brano, generando un contrasto molto indovinato e decisamente originale. “Sidereal Course” si concede prima toni pinkfloyidiani e poi riverberi psichedelici decisamente intriganti; “Nothing stand obscured” cresce in una progressione ancora una volta vicina al post, ma decisamente emozionante. Anche “Gullveig”, che tratta temi di mitologia nordica, mette insieme un incredibile mood fine anni ’60, tocchi stoner, vocals rarefatte e una larghissima dose di psichedelia vintage, accalappiando così l’ascoltatore per quasi nove minuti. Dopo una “Archaic Rites” animata da un flauto incredibilmente Jehtro Tull, la conclusiva “Beacon in black Horizon”, pur se forse un po’ troppo lunga (oltre undici minuti), ha qualche momento davvero spaziale (con effetti quasi alla “2001: A space Odissey”) e un finale straniante, con cori epici. Nei generi di riferimento, quanto di meglio mi sia capitato di ascoltare negli ultimi mesi: è così che andrebbero rimescolati gli eterni elementi del doom, in modo da generare un ibrido che non offenda i vecchi appassionati, ma vada anche incontro ai gusti dei nuovi.

(René Urkus) Voto: 8/10